Maledetta informazione

Ho avuto recentemente modo di attaccare una certa concezione della libertà di stampa e di espressione in occasione delle famose vignette di Vauro, che tanto prepotentemente pensò di sfruttare l'evento del terremoto, le morti di tanti innocenti, per le sue vignette. Nel post "libertà e libero arbitrio" ho affrontato la questione cercando di mettere in evidenza come queste prese di posizione siano in realtà figlie di un determinato modo, storicamente e culturalmente situato, di concepire il rapporto tra libertà e libero arbitrio. Oggi vorrei affrontare un'altro caso affine di maledetta informazione (mi si faccia coniare questa espressione) ovvero mi riferisco al video della ragazza di Teheran brutalmente uccisa dalla polizia iraniana, che negli ultimi giorni gira a piede libero su internet. Tralascio la questione, certo annosa, della facilità con cui questo genere di video viene reso disponibile a persone di ogni età e sensibilità per provare a scendere un tantino nel profondo.

La prima annotazione che mi viene da fare riguarda la macabra affinità tra le innocue vignette e quest'ultimo video poichè entrambi sono legati in qualche modo alla morte e affermano, sottobanco, una maniera ben precisa di intendere questo accadimento. Spulciando nel blog ho ritrovato un vecchio intervento di dicembre, "Fine della morte" nel quale commentavo l'omonimo articolo di Paolo Ferrante sul sito dell'associazione Asia (qui) e nel quale appunto si discuteva proprio della percezione della morte nella nostra società. Ma l'intreccio malato tra l'evento della morte, i modi di intenderla - in particolar modo se si tratta di morte cruenta - e la libertà di informazione non appare di immediata risolvibilità nè tantomeno è possibile fornire una risposta esaustiva.

Dal mio punto vista nel video della ragazza assistiamo alla spettacolarizzazione di un momento che in realtà avrebbe potuto benissimo esser vissuto in maniera diversa. Non si tratta di "censurare" (termine a doppio-taglio) una serie di immagini giudicate troppo dure o di scarso gusto perchè a quel punto si potrebbe legittimamente dubitare sulla cogenza di quel criterio, cadendo in vane soggettivizzazioni. Il problema va a mio avviso preso alla radice analizzando gli atteggiamenti che hanno portato quell'uomo a filmare e altri a diffondere e impegnarsi a svelare le concezioni e le pretese che si portano dietro. Mi sembra che, ancora un volta, si assista al manifestarsi di una concezione eminentemente materialistica e biologista della vita: così come si ritiene il vivere un accadere casuale e "normale", così si ritiene la morte un evento talmente "normale" che può essere filmato e fatto girare senza problemi. Secondo questa concezione,
quel nucleo, quel proprium dell'uomo, che nell'antichità veniva denotato con il termine "anima" e che oggi possiamo secolarizzare nel termine "dignità", viene pressocchè annullato. Scrivevo difatti nell'intervento segnalato:
La progressiva censura che il problema della morte, perchè di problema si tratta, ha subìto in questi ultimi anni è evidente anche ad una lettura superficiale e nella misura in cui è scomparsa un'educazione alla morte, è svanita anche un'educazione alla vita poichè essa è un fatto meramente biologico e la morte «è un affare come tanti», un elemento necessario per la conclusione di un processo accidentale, che è capitato a te per "caso", con la forma dell'ineluttabile sequela ordinata "nascita-vita-morte". La cosiddetta "morte naturale" viene oggi desiderata perchè rappresenta la "normale" conclusione: è l'espressione tipica della normalizzazione della vita e della censura della morte come evento, come fatto che tocca l'esistenza di un individuo, è la conseguenza di una visione meramente materialistica del vissuto, dove l'aggregato di atomi è, forse, prodotto da un mero clinamen e tutto è direzionato da un processo vorticoso. L'azione dell'uomo si innesta su questo processo di atomi con tal forza e "volontà di potenza", che l'obiettivo è ora determinarli empiricamente tutti, che anche la morte diviene un qualcosa di empirico, di accidentale come un clinamen, a cui accostarsi freddamente e in una fredda sala d'ospedale, tutta tinta di bianco.
La concezione biologista della morte (che sono costretto a trattare ahimè ben troppo en passant) si viene ad intrecciare con l'idea che la stampa è davvero libera se e solo se può filmare/scrivere/registrare e divulgare ogni cosa. L'occhio della telecamera oggi afferra (greifen) qualsiasi evento, anche quello delle morte, perchè tanto esso è solo un accadimento come gli altri, un "affare come tanti" e come tale è necessario filmarlo e "farlo girare". Si chiama cultura dell'immagine. Così tutto il mondo ha potuto assistere al massacro di quell'innocente e tutti possono ora scandalizzarsi. Ma in realtà l'abominio del contenuto non è poi tanto lontano dall'abominio della forma.

Commenti

gianluca del ciotto ha detto…
Hai ragione: dovremmo capire cosa ha portato quella persona a filmare. Ci ho pensato abbastanza e sono giunto ad una conclusione che più o meno giustifica quella persona. Forse girare quel video è stato come un ultimo tentativo disperato di reagire contro chi cerca di cancellare lui,il suo popolo,la sua nazione e i suoi diritti. L'uomo che ha girato il video si sarà ritenuto "autorizzato" a fare una cosa del genere, magari nel nome di quello per cui milioni di persone liggiù stanno lottando. Io mi auguro che l'intento sia stato esclusivamente questo. Che dici tu?
AndreaCati ha detto…
ieri ci parlavamo di come l'etica rimanga su un piano orizzontale, di come quelle questioni non facciano poi tanto rumore.
Ebbene, in questo tuo post vedo invece una rimessa in discussione di quello che dicevi e credo che inanellare questioni di carattere "mediatico" con le problematica evidenziata da te - la morte - sia uno dei modi più forti per scoprire che la riflessione può uscire dal seminato accademico per irrompere nei fatti che dominano l'opinione pubblica.
Unknown ha detto…
Ragazzi grazie ad entrambi per la pronta risposta. A Gianluca: non so, questa tua lettura è possibile. Nel post ho cercato di evidenziare come ciò che abbia portato a questo insieme di cose sia una determinata cultura della vita (e della morte) ma poi effettivamente andare a capire cosa sia passato per la testa a quell'uomo lì è difficile. Di spiegazioni potrebbero esserci tante anche perchè noi non sappiamo chi è stato a filmaro, quindi non sai che cultura abbia, il suo modo di ragionare etc. E' difficile e possono uscirne spiegazioni di cattivo gusto. La tua è rassicurante e plausibile. :)

Ad Andrea: Sì in effetti spesso cerco di fare questi esperimenti mentali eheh- E' un modo di ragionare sulle cose e sono contento che tu apprezzi. Non è una messa in discussione nel senso che considero, sin da subito, questo mio esercizio nella filosofia teoretica e non etica, ma forse mi irrigidisco troppo sulle etichette!!
gianluca del ciotto ha detto…
andrè la mia spiegazione a ciò che è accaduto è solo quello che mi auguro!! Perchè un atto così cinico va al di là della ragione...è inconcepibile. Quindi sono d'accordo con te fondamentalmente.

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