Verso il PDN, una "rivoluzione copernicana" della politica?
Carissimi lettori e amici, anzitutto volevo scusarmi con voi per il lungo periodo di fermo che ha subito la Cittadella. Rassicuro tutti per la mia salute e la mia situazione: sono atterrato qui a Stuttgart il primo settembre e tra le varie faccende burocratiche, i primi passi e le sistemazioni "pratiche", nonchè il primo impatto con il mondo svevo, queste che leggete sono le prime righe scritte dalla mia nuova camera. Ma giungiamo allo spunto di oggi. In questi giorni sto osservando le prime fasi di apertura del PDN (Partito della Nazione), alle quali vorrei dedicare una breve riflessione, il più possibile concreta e sintetica. Vorrei restare sul livello della politica nazionale, quand'anche abbia già avuto occasione di dibattere in merito all'area centrista ortonese sul blog di Gianni di Gregorio, al quale vi rimando volentieri (clicca qui per la pagina di Metropolis); dicevo, vorrei riflettere con voi sui primi passi di questo nuovo(?) partito(?), in particolare in riferimento al congresso dell'UDC di Chiangiano, che RadioRadicale ha trasmesso integralmente e che potrete ascoltare grazie alla speciale maschera in fondo al post, che vi rendirizzerà direttamente all'intervento di Massimo Cacciari, che, come sapete, è il punto di riferimento in filosofia e, in una certa misura, anche in politica. Non ho seguito tutti i passaggi, ma, anche in base alle voci e ai sentori dei mesi scorsi, vorrei provare a aggiustare il tiro e, nel caso, a rispondere a quei due interrogativi che si insinuavano poc'anzi: PDN, nuovo(?) partito(?).
Il PDN sarebbe un "nuovo"? Dipende, questo si vedrà al momento concreto dell'azione, quando capiremo se si tratta di un nuovo partito o di un potenziamento dell'UDC o di una semplice alleanza tra l'UDC e il movimento di Rutelli, un po' come è avvenuto per il PD - che, appunto, si è dimostrato niente di meno che un piccolo Ulivo. Ovvero, bisognerà vedere se realmente, come dice Cacciari, politici e simpatizzanti provenienti da diversi schieramenti andranno su una nuova rotta perchè realmente credono in nuovo modo di fare la politica o se è solo un riciclaggio. Bisognerà capire fino a che punto verrà svolto un nuovo gomitolo di tematiche e strumenti, anche perchè attualmente manca (com'è ovvio che sia) di tutta quella fase di progettazione della diffusione capillare e dell'organizzazione politica, che per partito è la vera linfa vitale, in grado di garantire solidità, ricambio e continuità d'azione. Attraversati questi incroci, passate queste fasi chiave di formazione, potremo rispondere alla seconda domanda: sarà un partito in grado di avviare una rivoluzione copernicana della politica o soltando una terza alternativa? Ovvero, sarà un nuovo modo di intendere la politica italiana o sarà sempre un qualcosa che, pur cercando di scardinarla, rimarrà succube rispetto alla logica bipolare? Quale ruolo potrà giocare il rapporto con i finiani e con le scuole di pensiero vicine al centrodestra, come i finiani di FareFuturo ? La sfida, allora, è creare un qualcosa che possa smuovere questo bipolarismo forzato, che nel paese non è mai esistito, se non nelle strane logiche del parlamento. Se il PDN farà "propria" questa aspirazione - anzi, ne farà più radicalmente il primo motivo di coesione - allora questo nuovo inizio potrebbe costituire davvero la chiave di volta per una nuova èra politica in Italia.
D'altronde posso vantare di essere stato tra i primi ad aver sostenuto queste idee; come scrivevo nei commenti ad un vecchio articolo, dal titolo Il PDL è finito, adesso costruiamo il futuro, credo che nella misura in cui questo PDN sarà "centro", il progetto fallirà; ovvero, nella misura in cui questo PDN sarà un qualcosa del tipo "nè centro-destra nè centro sinistra" - e quindi anche "sia centro destra, sia centro-sinistra" - allora sarà un qualcosa di vecchio, ancora incanalato negli schematismi della contrapposizione bipolare; anzi, forse sarà anche peggio del bipolarismo, perchè sarà una formazione che erediterebbe i metodi e le logiche del bipolarismo ma che avrebbe molta meno presa sulla popolazione dell'attuale referendum Berlusconi sì/ Berlusconi no a cui si è ridotta da anni la politica italiana. Insomma, il rischio è che questa sia solo una manovra di palazzo e che questo partito sia in realtà "soltanto" un centro. La speranza, invece, è che si vada realmente nella direzione della rivoluzione copernicana della politica, fattualmente, sin dall'inizio. A quel punto, allora, tornerebbe al centro il valore sociale di determinate questioni, tornerebbero ad aver posto quegli insegnamenti appresi dalle nostre famiglie e quella volontà di costruire insieme una nuova classe dirigente di giovani davvero competenti, onesti e con in testa solidarietà e amore per il prossimo. La speranza è appunto che questo PDN nasca con questa idea qui e possa essere il cappello giusto per una rinascita che deve, ancora, partire dai giovani con le loro iniziative nei comuni e sui propri territori provinciali e regionali. Qualora il PDN darà voce a queste speranze, potrà aprire una nuova stagione politica; qualora invece si riveli solo un "centro" costruito dal palazzo per accogliere gli ex di una parte e di un'altra, allora sarà l'ennesima beffa.
Il PDN sarebbe un "nuovo"? Dipende, questo si vedrà al momento concreto dell'azione, quando capiremo se si tratta di un nuovo partito o di un potenziamento dell'UDC o di una semplice alleanza tra l'UDC e il movimento di Rutelli, un po' come è avvenuto per il PD - che, appunto, si è dimostrato niente di meno che un piccolo Ulivo. Ovvero, bisognerà vedere se realmente, come dice Cacciari, politici e simpatizzanti provenienti da diversi schieramenti andranno su una nuova rotta perchè realmente credono in nuovo modo di fare la politica o se è solo un riciclaggio. Bisognerà capire fino a che punto verrà svolto un nuovo gomitolo di tematiche e strumenti, anche perchè attualmente manca (com'è ovvio che sia) di tutta quella fase di progettazione della diffusione capillare e dell'organizzazione politica, che per partito è la vera linfa vitale, in grado di garantire solidità, ricambio e continuità d'azione. Attraversati questi incroci, passate queste fasi chiave di formazione, potremo rispondere alla seconda domanda: sarà un partito in grado di avviare una rivoluzione copernicana della politica o soltando una terza alternativa? Ovvero, sarà un nuovo modo di intendere la politica italiana o sarà sempre un qualcosa che, pur cercando di scardinarla, rimarrà succube rispetto alla logica bipolare? Quale ruolo potrà giocare il rapporto con i finiani e con le scuole di pensiero vicine al centrodestra, come i finiani di FareFuturo ? La sfida, allora, è creare un qualcosa che possa smuovere questo bipolarismo forzato, che nel paese non è mai esistito, se non nelle strane logiche del parlamento. Se il PDN farà "propria" questa aspirazione - anzi, ne farà più radicalmente il primo motivo di coesione - allora questo nuovo inizio potrebbe costituire davvero la chiave di volta per una nuova èra politica in Italia.
D'altronde posso vantare di essere stato tra i primi ad aver sostenuto queste idee; come scrivevo nei commenti ad un vecchio articolo, dal titolo Il PDL è finito, adesso costruiamo il futuro, credo che nella misura in cui questo PDN sarà "centro", il progetto fallirà; ovvero, nella misura in cui questo PDN sarà un qualcosa del tipo "nè centro-destra nè centro sinistra" - e quindi anche "sia centro destra, sia centro-sinistra" - allora sarà un qualcosa di vecchio, ancora incanalato negli schematismi della contrapposizione bipolare; anzi, forse sarà anche peggio del bipolarismo, perchè sarà una formazione che erediterebbe i metodi e le logiche del bipolarismo ma che avrebbe molta meno presa sulla popolazione dell'attuale referendum Berlusconi sì/ Berlusconi no a cui si è ridotta da anni la politica italiana. Insomma, il rischio è che questa sia solo una manovra di palazzo e che questo partito sia in realtà "soltanto" un centro. La speranza, invece, è che si vada realmente nella direzione della rivoluzione copernicana della politica, fattualmente, sin dall'inizio. A quel punto, allora, tornerebbe al centro il valore sociale di determinate questioni, tornerebbero ad aver posto quegli insegnamenti appresi dalle nostre famiglie e quella volontà di costruire insieme una nuova classe dirigente di giovani davvero competenti, onesti e con in testa solidarietà e amore per il prossimo. La speranza è appunto che questo PDN nasca con questa idea qui e possa essere il cappello giusto per una rinascita che deve, ancora, partire dai giovani con le loro iniziative nei comuni e sui propri territori provinciali e regionali. Qualora il PDN darà voce a queste speranze, potrà aprire una nuova stagione politica; qualora invece si riveli solo un "centro" costruito dal palazzo per accogliere gli ex di una parte e di un'altra, allora sarà l'ennesima beffa.
Commenti
:)
Ho stima di Cacciari come pensatore, ma o è cieco oppure ormai è assuefatto ai vantaggi dell'essere uomo politico (non necessariamente economici, anche solo avere platee immense ad ascoltarti, sentirsi importanti, essere dentro nei centri decisionali del paese, e via dicendo).
Heidegger magari gli ricorderebbe che la de-cisione deve essere autentica, non solo un "man" di alleanze di convenienza. Faticherei decisamente a vedere in un qualunque partito italiota (ma non solo) quella "Grande Politica" nietzschiana, fatta di polemos tanto quanto di polis, che è il
presupposto del discorso di
Cacciari. Qua di divergenze ce n'è veramente poche, vogliono tutti la stessa cosa, il posticino al parlamento. Il resto (le politiche) è solo un mezzo. A questo punto non c'è nessuna autentica decisione, alcuna diversità, alcun agòn, alcun Beruf weberiano possibile. Vale sempre il discorso di Zarathustra sul "nuovo idolo", sullo Stato moderno. Fra l'altro il capitoletto ha anche una chiusa deliziosamente eckhartiana:
"C'è ancora una vita libera per le grandi anime. Chi poco possiede, tanto meno è posseduto: sia lodata dunque la piccola povertà!
Dove lo Stato finisce, comincia l'uomo che non è superfluo: comincia il canto della necessità, la melodia singolare e irrepetibile.
Là dove lo Stato finisce, guardate dunque là, fratelli miei! Non vedete l'arcobaleno e il ponte del Superuomo?"
In questo caso quindi lo Stato sarebbe l'opposto della polis, e de-cidere è de-cidersi dallo Stato. Il problema è come farlo, se vige il regime di sabbie mobili di sopra ed ogni negativo lavora per la sintesi. Il mondo moderno è proprio questa surcodificazione estrema, orgia di comunicazione che paralizza ogni fuga "da solo a solo" in nome della circolazione del Capitale (rimando a Millepiani di Deleuze per questo).
La regola del pensiero negativo predica di agire "dall'interno" (di uno Stato, di un linguaggio, di una cultura, di un sistema di rapporti economici) ma con un “negativo” che non sia già risolto nel sistema “Stato”, nelle sue logiche “economiche“ (calcolando tutto come massimizzazione di una variabile, tutti vogliono la stessa cosa, il che garantisce la sintesi). Non è negata all'uomo la possibilità di agire autenticamente, politicamente, anzi è una vocazione inevitabile, ma quando Nietzsche parla di "Grande Politica" non può intendere un nuovo partito che rimescola soltanto le sabbie mobili. Bisogna creare qualcosa di realmente nuovo e non credo si possa farlo nell'ambito parlamentare attuale. Alla fine, è chiaro, diventa una questione di etica personale più che di società.
In questo caso quindi lo Stato sarebbe l'opposto della polis, e de-cidere è de-cidersi dallo Stato. Il problema è come farlo, se vige il regime di sabbie mobili di sopra ed ogni negativo lavora per la sintesi. Il mondo moderno è proprio questa surcodificazione estrema, orgia di comunicazione che paralizza ogni fuga "da solo a solo" in nome della circolazione del Capitale (rimando a Millepiani di Deleuze per questo).
(Con simpatia, chiaramente :D )
Detto questo, l'ambito politico attuale, che funziona esattamente come un mercato, impedisce ogni affermazione divergente. Sussiste secondo le sue regole di sintesi, e ciò che non ammette sintesi ha vita breve al suo interno. Quindi ripetendo: è necessario (è una condanna) agire dall'interno, ma senza rischiare di diventare complici. Cacciari rischia questo.