Tea Party, la nuova destra americana?

We are the Peaple, we are the States – con questo slogan negli USA stanno spopolando i Tea Party, una delle novità più interessanti del panorama politico e culturale; si tratta di un nuovo movimento popolare vicino al partito dei conservatori, che da qualche tempo riesce a parlare alla gente comune e riempire ranch, bar, pub, sale e piazze in tutta l'America. Difatti non si tratta di una iniziativa nata dagli Establishment e dalle loro “segreterie” di partito, ma sembra essere una vera sollevazione popolare, che esprime una radicale opposizione alla politica “socialista e statalista” di Barack Obama. I Tea Party nascono allora essenzialmente come una rivolta fiscale, che si richiama sin da subito al “Boston Tea Party”, la protesta dei coloni americani nel 1773 contro la tassazione degli inglesi sul commercio del Tea – protesta che poi diede vita alla rivoluzione americana e alla formazione degli USA; allora con spirito affine al 1773 nascono gli odierni Tea Party, che man mano stanno diventando una realtà affermata e che saprà sicuramente esprimere la propria ragion d'essere alle prossime elezioni di novembre. Pur rientrando nell'alveo dei conservatori, i Tea Party mirano ad una propria identità: non hanno un leader, ma “solo” tante idee ben precise su cosa intendere per democrazia, libertà e Stato. Inoltre il malcontento diffusosi negli ultimi mesi sulle manovre del governo Obama in merito alla progressiva statalizzazione della sanità o al famoso caso General Motors – quando il governo salvò la multinazionale con i soldi degli americani – sta offrendo una spinta inaspettata a questo movimento anarco-conservatore, che, dati alla mano, non ha grandi precedenti negli U.S.A.: il 90% degli attivisti non aveva mai partecipato alla politica; è trasversale per età, provenienza e religione, ma conta il maggior numero di sostenitori nella fascia tra i 45 e i 60 anni (quella maggiormente produttiva); i partecipanti sono di una galassia omogenea tra (ex-)Repubblicani o cittadini stufi del bipolarismo e che, probabilmente, non hanno votato né McCain né Obama; è formato da chi sente la politica, con le sue lobbies, le ragioni di stato e i grandi interessi di Wall Street, come “lontana” dalla vita quotidiana. Eppure molti di loro, è vero, si riconoscono nell'ex-governatrice dell'Alaska Sarah Palin (nata 1964) o nello showman Glenn Beck, conduttore del Conservative Talk Radio; si riconoscono in chi, a loro avviso, sa difendere le libertà individuali e lo spirito della Costituzione americana. I Tea Party rappresentano allora un prepotente ritorno della destra in America? Sì, possibile. Il popolo dei Tea Party apre l'orizzonte di una nuova destra americana, diversa dai Bush e McCain: anche in America spira il vento di una nuova destra, che, in questo caso, sappia incarnare i principi di uno stato leggero e autenticamente liberal. Bisognerà ora capire quanto potenziale elettorale avranno i Tea Party e quanto questo movimento “economico” saprà integrarsi con le multiforme facce della destra americana, spesso impegnate su tutt'altri fronti nei famosi Think tanks, religiosi ed etici, veri e propri “contenitori” di pensiero e politica. Nelle primarie repubblicane del Delaware del 14 settembre 2010, la giovane Christine O'Donnell (nata 1969) vince a sorpresa sapendo unire le prospettive economiche dei Tea Party con la destra religiosa e le politiche ambientali. Insomma, il piatto della nuova destra è servito. E in Italia? Anche da noi è nato il “Tea Party Italia”, che già visto la luce in alcune tappe a Prato, Milano, Torino, Alessandria, Aversa, Forte dei Marmi e Catania. Info: http://www.teapartyitalia.it/ .

Commenti

Unknown ha detto…
QUALCHE DUBBIO

Ho letto diversi articoli non italiani sul fenomeno politico Tea Party, ma in nessuno ho trovato che il movimento in questione abbia, come scrivi, "...tante idee ben precise su cosa intendere per democrazia, libertà e Stato".

Le idee che li contraddistinguono sono invece, secondo me, poche. Anzi, una sola: "niente tasse".

Mi sembrano la faccia più orrida del peggior darwinismo sociale: chi ce la fa ce la fa con le sue sole forze. Chi non ce la fa, s'arrangi. E soprattutto si levi velocemente dalle scatole.

Il nuovo in tutto ciò mi sembra solo questo: si tratta di una vecchissima destra, prima minoritaria e oggi - grazie alla grave crisi economica globale - in forte ascesa tra i ricchi, ricconi e ricchetti del mondo intero.
Anonimo ha detto…
Non ho seguito molto la vicenda dei Tea Party, ammetto, però si tratta indubbiamente di un fenomeno interessante. È un momento particolare per gli Stati Uniti perché stanno mettendo alla prova l'amministrazione Obama in un periodo di rare difficoltà economiche e sociali e, si sa, quando un governo è in carica generalmente l'opposizione - a meno di particolare inettitudine - si rafforza presso l'opinione pubblica.
Per quel poco che ne so, credo che la fortuna dei Tea Party starà nel modo in cui verranno recepiti a livello politico: fedele a un'antica lezione (addirittura!) leninista, credo che la vera forza di un partito si misuri nella sua organizzazione e nel funzionamento della sua struttura. In questo i Tea Party rappresentano un movimento spontaneo e quindi disorganizzato, mentre il Grand Old Party - si chiamerà così per qualcosa! - può dar loro il giusto apporto per poter continuare nella loro azione, e per far questo, dovrà essere in grado di recepire con prontezza le voci che provengono dal suo elettorato o da ambienti vicini. C'è poi la questione degli indipendenti, che Obama aveva saputo muovere tanto bene e che ora sarà necessario capire come agiranno. Resta però che grandi movimenti popolari sono sempre esistiti nella storia ma poi sporadicamente hanno saputo concretizzare a livello politico le proprie istanze; tanto per andare all'antico nemico degli USA, in Russia a metà Ottocento il narodnicestvo (populismo) è stato un forte movimento popolare, ma non ha mai saputo fare un adeguato salto di qualità ed è sempre rimasto confinato a quel livello.
Ci sarebbe inoltre da capire in quali realtà geografiche i Tea Party stiano maggiormente attecchendo, perché fin quando in Texas o in Alabama l'ala repubblicana dimostra una certa vitalità, non ci si trova di fronte a una grande novità, se invece dovessero diffondersi in altre zone geografiche allora sarebbe un vero cambiamento. E, a proposito di cambiamento, era proprio "change" la parola d'ordine di Obama: qualcosa vorrà pur dire riguardo al peso dell'antipolitica in America, o di quell'elettorato che guarda sempre più al di fuori dello schema bipartitico.
Un movimento anarco-conservatore (definizione notevole) si colloca per sua natura a destra, sotto l'ala dei repubblicani o comunque nel loro bacino elettorale, ma avrà come maggiore sfida il proprio tentativo di evoluzione all'interno di un definito ambito parlamentare. Com'è ovvio che le elezioni si vincono con i voti, così sarà fondamentale capire come la componente “anarchica”, riuscirà a convivere con le politiche conservatrici, perché saranno quelle che determineranno poi il futuro posizionamento di questi attivisti al momento del voto. Da un certo punto di vista, l'innegabile novità dei Tea Party, potrebbe anche rivelarsi una meno innovativa “attivazione” dell'elettorato indeciso o deluso che gravita nella galassia dei conservatori americani. Anche su questo, Obama seppe vincere le elezioni circa due anni fa.
Un'ultima osservazione: non conosco i termini della propaganda dei Tea Party, ma esiste una certa contraddizione tra i sostenitori dello stato minimo o leggero, che ha avuto anche alcuni notevoli teorici (R. Nozick), e la visione liberal in campo economico e politico; sono due categorie che si trovano agli antipodi e in netta contraddizione e, quando si governa, le contraddizioni prima o poi si devono risolvere con delle decisioni.
Spero di non averla fatta troppo lunga, ma sono sicuro del contrario! ;)
Leonardo
Gianni di Gregorio ha detto…
La politica americana non ha niente a che vedere con quella europea perché é diversa la gente e la società, perciò fare paragoni o confronti é totalmente fuori luogo.
Importare “Yes we can” o “I care” oppure “I have a dream” é solo ingenuità (vedi Veltroni).
Meno tasse, meno stato, più libertà é il vecchio pallino del far west americano che forse andava bene 300 anni fa, ma che oggi ha dato pessimi risultati economici e soprattutto sociali.
La destra italiana non é quella classica europea, é passata dal fascismo al berlusconismo e non ancora trova la sua giusta dimensione. Non riesce ad uscire dall’autoritarismo.

In pratica: se lo fanno negli USA vuol dire che per noi non va bene, se lo fa Sarah Palin vuol dire che é sbagliato.

Pensate ad una destra seria, democratica, laica e progressista, altro che Tea Party !
Unknown ha detto…
Amici grazie per i commenti e per gli spunti. Devo dire che condivido grosso modo le vostre preoccupazioni, che mi sembrano davvero ben fondate. Volevo solo precisare che non sto certo guardando ai Tea Party come modello per la nuova destra europea! C'è troppo distanza, è vero. Mi limito solo a fare cronaca (per una volta).
Unknown ha detto…
A proposito, forse stavolta ho fiutato bene e prima di molti altri...

La svolta del Cavaliere
"Voglio i Tea party per aiutare il Pdl in crisi"
Berlusconi: "Il partito non basta" Le parole d'ordine: lotta agli immigrati e difesa della vita. Il premier pensa di utilizzare Daniela Santanché come la Sarah Palin italiana. E Mediaset come Fox

http://www.repubblica.it/politica/2010/10/14/news/la_svolta_del_cavaliere_voglio_i_tea_party_per_aiutare_il_pdl_in_crisi-8030926/
Anonimo ha detto…
In giro c'è così tanta confusione che si rischia di prendere fischi per fiaschi. "Darwinismo sociale"? "Il mito del West"? "Pessimi risultati economici"? "La destra europea è altro"? Cosa, di grazia, il gollismo di Sarkozy? Le smandrappate sgangherate di Cameron? Non saprei da dove iniziare. Lieti di interloquire, ma cerchiamo prima di tutto di chiarirci le idee. Il Tea Party, come la destra VERA, quella del governo minimo, della libertà individuale, del libero mercato, ha idee precisissime su come dovrebbero andare le cose in uno stato moderno. E poi, dispiace dirlo, ma di quello che è uscito sui giornali italiani si salvano sì e no un tre-quattro articoli. Il resto è spazzatura pura.

Sull'articolo pubblicato oggi da Repubblica, nemmeno mi esprimo. Temo che i poteri forti abbiano il terrore che il solo parlare di riduzione della spesa pubblica scateni la rivolta fiscale troppo a lungo rimandata in Italia e che questo faccia crollare il loro comodo castello di carte (false). Per questo provano a ricondurre tutto al berlusconismo. Hanno paura che i sinistri più moderati o aperti di mente siano attirati da un movimento come quello del Tea Party Italia che non solo non ha niente a che spartire con alcun partito politico, ma che ha già dimostrato di essere pronto a parlare con tutti senza alcuna preclusione preconcetta. Insomma, visto che in America stanno facendo sfracelli, nessuno vuol correre il rischio che in Italia si riesca ad avere un minimo di trazione e si inizia subito a sparare a zero.
Il che, detto tra noi, non fa che dimostrare come la cricca dei mangiapane ad ufo stia veramente alla canna del gas...
Unknown ha detto…
Ciao Apolides, benvenuto nella Cittadella e grazie per il commento, che trovo tanto duro quanto chiaro. Sono curioso di vedere cosa rispondono i lettori che hai tirato in causa. In ogni caso spero anch'io che questo movimento sappia toccare anche l'Italia e porti quella giusta "trazione" che è una componente necessaria e che, forse non a caso, in Italia manca da troppo tempo.

Saluti
Gianni di Gregorio ha detto…
Andrea, all’Apolides non rispondo.
Solo a titolo d’informazione potrebbe essere interessante leggere una breve nota di Alexander Stille su Repubblica.it .
http://stille.blogautore.repubblica.it/2010/10/15/il-manicomio-nelle-mani-dei-matti/?ref=HREC2-1
Anonimo ha detto…
Caro Sig. di Gregorio, l'Apolide invece "si prende il disturbo" di risponderle. Citare come fonte a favore del proprio argomento un post pieno di banalità, menzogne spudorate (il costo delle "guerre di Bush" è stato di gran lunga ridimensionato dal Congressional Budget Office -la Corte dei Conti USA) e che se la prende contro una misura sostenuta solo dalla sinistra più estrema e trinariciuta (a favore dell'estensione del taglio delle tasse di G.W.Bush si sono espressi anche amplissimi settori del Partito Democratico USA) non sia proprio il modo più arguto di sostenere le proprie opinioni.
Ognuno è libero di scavarsi la fossa dialetticamente con le proprie mani, ma le consiglierei di evitare di citare autori che hanno la faccia tosta di riprodurre studi del Center for American Progress, manipolo di propagandisti e faccendieri stipendiati da quel bel tomo di George Soros, lo stesso tipo che, dopo aver mandato in rovina Italia e Regno Unito nel 1992, ha pensato di comprarsi la presidenza USA e mandare in bancarotta anche la più grande democrazia del mondo.
Se poi vuol continuare a vivere nel suo comodo mondo tutto bianco e nero e credere a tutto quello che Stille-Travaglio e compagnia bella le propinano, faccia pure.
Marco Di Sciullo ha detto…
Rispondo solo per amore di verità.
Premesso che sono perfettamente d'accordo con il saggio Tore Obinu , voglio solo ricordare al Signor Apolides che sono stati proprio durante i governi cosiddetti di "destra" (Bush ,Thatcher) che si è provveduto prima a deregolamentarizzare il sistema bancario internazionale consentendo la de-regolazione dei movimenti di capitale prima in tutti i paesi Ocse e poi,in particolare, l'abolizione in Usa della legge Glass-Steagall facendo,quindi , venir meno la ditinzione tra banche d'affari e banche commerciali o di deposito.
Il Signor Apolides dovrebbe sapere che proprio a seguito di questa "liberalizzazione" in linea con i principi ispiratori del liberismo economico , si sono determinate le basi e poi il forte sviluppo della speculazione finanziaria che, negli anni successivi, avrebbe poi comportato la crisi che conosciamo bene e che stiamo ancora vivendo. Come vede Soros c'entra poco se non per il fatto che si è servito a piene mani delle politiche liberiste in economia.
I movimenti "liberisti" o meglio ancora "anarco liberisti" e, quindi, le loro tesi in materia fiscale, sono, ahimè, presenti non solo nei movimenti cosiddetti di "destra" ma anche in gran parte dello schieramento opposto.
La fiscalità vine, dai più, percepita come un "costo improduttivo" commettendo, così, un grave danno al sistema socio-economico, indipendentamente da quale sistema è retto o regolato.
Queste tesi sono molto affascinanti in quanto trovano facile terreno nelle coscienze dei più che sono ormai incrostate dall'egoismo e non solo economico.
Per concludere, io non mi attarderei a considerare movimenti come i "Tea Party" ; nascono come i funghi in tutte le parti del mondo. Ma vorrei che tutte le persone preparate ed intelligenti come Lei, Signor Apolides,cominciassero, finalmente, a valutare il fallimento delle "tesi" sia della cosiddetta "destra" che della "sinistra" ( a livello globale) e cominciassero a considerare l'opportunità del distacco da esse e proiettarsi in una altra direzione ; "in alto".
Proprio così, "In Alto" dove poter osservare le conseguenze dei danni prodotti da quelle "tesi" e quindi rielaborare altre tesi che abbiano come fatto "centrale" l'Uomo considerandolo non come "variabile dipendente" o ,peggio ancora, "fattore della produzione", ma per quello che è ; creatura fatta ad immagine e somiglianza di Dio.
Io questa strada la percorro ormai da qualche tempo e non per caso non mi trovo nè a "destra" e nè a "sinistra".
Unknown ha detto…
Leggo con interesse i vostri commenti e il batti e ribatti mi stuzzica e mi diverte; ma posso solo leggere perchè non conosco davvero nulla di queste materie nè della storia economica a cui fate riferimento. Volevo solo rispondere un attimino a Marco, quando invita a non attardarsi nella lettura politica di questi TeaParty. Io non so quale strada percorreranno i TeaParty e non so neanche se i TeaParty siano della setssa fattura della destra precedente che citavi (Bush, Thatcher), non so neanche se in Italia sono o saranno lo stesso che negli Usa; eppure mi sembrano un movimento vivo, che può smuovere una bella fetta di elettorato e così influire sul futuro di tutti. Ecco perchè ne faccio un fatto di cronaca politica e da osservatore dei movimenti socio-politici ho pensato di dedicarvi questo post e un articolo sul prossimo OfficinaOrtonaNews (il numero di Ottobre sarà in edicola da martedì 19).

Un caro saluto
;)
Gianni di Gregorio ha detto…
ATTENZIONE: a metà dell’800 un inglese ci spiegò l’evoluzione della specie la quale con gli anni é stata scientificamente dimostrata e confermata. Se qualcuno é rimasto fermo al creazionismo sarebbe bene fare un UpDate informativo.
E’ sempre bene aggiornarsi nella vita almeno ogni 150 anni.

Più o meno lo stesso discorso vale per il Tea Party.
Il sistema di “Paese solidale” ha sostituito da tempo il sistema di “Paese liberale”, infatti i Paesi socialmente sviluppati da decenni lo usano cercando comunque di migliorarlo ogni giorno. Prendere spunto da movimenti USA per temi sociali é come rimanere fermi o tornare al creazionismo.
Marco Di Sciullo ha detto…
Caro Andrea, il mio non voleva essere un intervento di critica a quanti " si attardano " a considerare le evoluzioni di nuove tendenze socio-politiche ( tea party ?). Volevo solamente puntualizzare il fatto che se non ci fosse stata troppa accondiscendenza con le tesi anarco-liberiste , molto probabilmente oggi non ci troveremmo tutti impegnati a mettere pezze ad una barca(sistema capitalistico e finanziario globale) che imbarca acqua da tutte le parti decretando, di fatt, il fallimento di un sistema e di teorie economiche neo-liberiste o, meglio, anarco-liberiste tanto care alle "destre" politiche del nostro pianeta.
Volevo solo consigliare, se me lo consentite,voi giovani, ad impegnare il vostro prezioso tempo ed il vostro intelletto ad elaborare nuove ipotesi di organizzazioni socio-economiche che si distacchino nettamente da vecchie teorie e postulati sia di destra che di sinistra.
Oggi la "società globale" ha una necessità vitale di riformulare nuove ipotesi,di trovare nuovi riferimenti , di "rimagnetizzare" l'ago della bussola per poter navigare con consapevolezza e tranquillità nella società globale.
Non sono certo le mode o i movimenti estemporanei basati su vecchi e superati (falliti ?)schemi o slogans, seppur molto seguiti, a farci uscire da una crisi che oggi, tutti la riconoscono, è sistemica.
Per questo è molto importante abbandonare da subito i vecchi arnesi intellettuali che divide il "pensiero" sociale in destra e sinistra, bianco e nero, capitalisti ed anticapitalisti. Occorre da subito riconsiderare la funzione e la missione dell'uomo come tutt'uno con il mondo che abita e rimetterlo al centro dell'azione e dell'organizzazione sociale.
Per far questo non sono sufficienti le vecchie teorie (di destra e di sinistra) che conosciamo bene in quanto già sperimentate.
Bisogna fare uno sforzo intellettuale e spirituale (elevarsi)che riconsideri il tutto alla luce della promozione di nuovi riferimenti ; uomo-ambiente.
Con affetto.
Anonimo ha detto…
Quando gli Europei vogliono insegnare agli americani a fare gli americani è sempre molto divertente
sgubonius ha detto…
Le teorie liberiste dovevano fallire negli anni 30, eppure sono ancora qui, questa crisi è uno scherzo in confronto a quella. E' solo "fuori" da una logica economica che si può parlare di alternative. Ma la logica economica si afferma da sé per un meccanismo quasi darwiniano (visto che qualcuno lo citava prima) di competitività. Anche il fallimento del sistema non si può accertare secondo la sua stessa logica (in questa crisi, per quello che l'occidente ha perso, l'oriente ha guadagnato il doppio), ma solo con parametri esterni dal mero produzione-consumo.

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