L'Islam dovrebbe diventare la religione di tutta l'Europa?
In questo pomeriggio di fine estate vorrei commentare brevemente con i lettori le ultime vicende accadute a Roma; non si tratta di politica, ma della Roma religiosa, che in questi giorni ospita le lezioni sul Corano del leader libico Muammar Gheddafi. Torniamo indietro: non si tratta della Roma politica? Anche questo nodo è da sciogliere. Difatti mi sembra che l'opinione pubblica abbia sottovalutato l'intreccio delle due sfere e in questo intervento vorrei stimolare un riflessione nella detta direzione. Gheddafi arriva in Italia "per celebrare il secondo anniversario della firma del Trattato di amicizia fra Italia e Libia" - scrive Il Corriere della Sera - e per tale occasione "ha distribuito copie del Corano a 487 ragazze, che ha incontrato divise in due scaglioni. Tre ragazze, due italiane e una spagnola, si sono presentate con il velo perché si sono convertite all'Islam". Al quadro si aggiungano determinati auspici, alquanto discutibili, come: «L'Islam dovrebbe diventare la religione di tutta l'Europa».
Mettiamo ordine. Gheddafi, leader politico, arriva in Italia per celebrare degli accordi politici di pace tra le due nazioni e approfitta dell'occasione per divulgare l'insegnamento di Maometto e presenziare il rito di iniziazione alla religione mussulmana di tre ragazze appena convertite. I giornali italiani hanno giustamente calcato la questione e il mondo politico non ha perso tempo - altrettanto giustamente - per dirsi di volta in volta infastidito, imbarazzato o indifferente, spesso ubbidendo alle solite direttive da barricata. In realtà stupisce come nessuno abbia sottolineato il nodo concettuale a cui facevo riferimento, e che, evidentemente, si trova a monte di tutto il discorso, ovvero l'intreccio tra religione e politica. Difatti questo dato sembra davvero segnare l'enorme distanza tra l'Europa e il Medio oriente. Un leader politico europeo in visita ad uno "stato islamico" difficilmente avrebbe pronunciato una, seppur timida, difesa della religione cristiana; e questo non per una presunta superiorità della religione cristiana, ma perchè la tradizione europea, con le sue contraddizioni e i suoi momenti violenti, lungo i secoli ha sviluppato l'abitudine (quantomeno) di slegare religione e stato; noi europei abbiamo chiamato questa "convinzione", che ancora fatica a farsi "idea" ben precisa e definita, con il nome di laicità. Quanto poi il cristianesimo e più in generale la tradizione cristiana abbiano contribuito al formarsi dell'idea (ancora in divenire) di laicità, è una questione che lasciamo aperta e che in questo momento non possiamo affrontare.
Al contrario di quanto auspica Gheddafi, l'Europa non potrà mai diventare mussulmana, non perchè attualmente è cristiana o altro, bensì perché sta compiendo un passo decisivo verso quel qualcosa che chiamiamo laicità; essa, benchè sia ancora un progetto in fieri, sembra davvero essere un oltrepassamento definitivo rispetto a quella concezione alla quale molti popoli sono rimasti ancorati. L'Islam - anzi, "gli" Islam, perchè non è possibile ridurre tutta la ricca e stimolante tradizione islamica ad una corrente univoca - fatica ancora a muovere verso questo orizzonte condiviso, che, all'inverso, solitamente considera come la testimonianza più forte di quella corruzione occidentale da cui sarebbe bene difendersi. Al contrario, il passo dell'Europa verso la laicità è fondamentale perchè aiuta a tratteggiare quello che potrebbe essere il vero luogo di incontro tra due mondi grandi e stupendi, che rimangono (e forse devono tuttavia rimanere) profondamente divisi. D'altronde, come ho scritto più volte, sono convinto che le tradizioni e la cultura siano la linfa dei popoli e che esse debbano essere difese e individuate come vere e proprie bussole per segnare la rotta verso un futuro radioso e spirituale*; eppure riferirsi a quei valori e conservare determinate tradizioni non può significare l'abbandono di quella ricerca razionale verso l'incontro e il dialogo; la laicità è allora la condizione somma per l'aprirsi reciproco dei popoli ed è quello stesso piano razionale che costantemente richiamava Platone nei suoi nobili - non a caso - dialoghi**; non solo, è quel luogo non-luogo verso il quale inevitabilmente l'uomo dovrà dirigersi se vorrà continuare ad abitare la terra. Questa è l'aporia fondamentale, che la filosofia del nostro tempo è chiamata ad attraversare; per il resto, d'altra parte, Europa e Medio oriente non sono mai state poi così lontane***.
*Sull'importanza della tradizione come rotta per il futuro, rimando al mio intervento Il crocifisso nelle scuole e l'uguaglianza delle religioni.
**Sul dialogo e sulle sue aporie mi ero interessato all'inizio del cammino della Cittadella, varando addirittura un progetto di vari interventi; cfr. Sul dialogo.
***Per una buona panoramica invito a leggere il libro di Franco Cardini, Europa e Islam. Storia di un malinteso.
Mettiamo ordine. Gheddafi, leader politico, arriva in Italia per celebrare degli accordi politici di pace tra le due nazioni e approfitta dell'occasione per divulgare l'insegnamento di Maometto e presenziare il rito di iniziazione alla religione mussulmana di tre ragazze appena convertite. I giornali italiani hanno giustamente calcato la questione e il mondo politico non ha perso tempo - altrettanto giustamente - per dirsi di volta in volta infastidito, imbarazzato o indifferente, spesso ubbidendo alle solite direttive da barricata. In realtà stupisce come nessuno abbia sottolineato il nodo concettuale a cui facevo riferimento, e che, evidentemente, si trova a monte di tutto il discorso, ovvero l'intreccio tra religione e politica. Difatti questo dato sembra davvero segnare l'enorme distanza tra l'Europa e il Medio oriente. Un leader politico europeo in visita ad uno "stato islamico" difficilmente avrebbe pronunciato una, seppur timida, difesa della religione cristiana; e questo non per una presunta superiorità della religione cristiana, ma perchè la tradizione europea, con le sue contraddizioni e i suoi momenti violenti, lungo i secoli ha sviluppato l'abitudine (quantomeno) di slegare religione e stato; noi europei abbiamo chiamato questa "convinzione", che ancora fatica a farsi "idea" ben precisa e definita, con il nome di laicità. Quanto poi il cristianesimo e più in generale la tradizione cristiana abbiano contribuito al formarsi dell'idea (ancora in divenire) di laicità, è una questione che lasciamo aperta e che in questo momento non possiamo affrontare.
Al contrario di quanto auspica Gheddafi, l'Europa non potrà mai diventare mussulmana, non perchè attualmente è cristiana o altro, bensì perché sta compiendo un passo decisivo verso quel qualcosa che chiamiamo laicità; essa, benchè sia ancora un progetto in fieri, sembra davvero essere un oltrepassamento definitivo rispetto a quella concezione alla quale molti popoli sono rimasti ancorati. L'Islam - anzi, "gli" Islam, perchè non è possibile ridurre tutta la ricca e stimolante tradizione islamica ad una corrente univoca - fatica ancora a muovere verso questo orizzonte condiviso, che, all'inverso, solitamente considera come la testimonianza più forte di quella corruzione occidentale da cui sarebbe bene difendersi. Al contrario, il passo dell'Europa verso la laicità è fondamentale perchè aiuta a tratteggiare quello che potrebbe essere il vero luogo di incontro tra due mondi grandi e stupendi, che rimangono (e forse devono tuttavia rimanere) profondamente divisi. D'altronde, come ho scritto più volte, sono convinto che le tradizioni e la cultura siano la linfa dei popoli e che esse debbano essere difese e individuate come vere e proprie bussole per segnare la rotta verso un futuro radioso e spirituale*; eppure riferirsi a quei valori e conservare determinate tradizioni non può significare l'abbandono di quella ricerca razionale verso l'incontro e il dialogo; la laicità è allora la condizione somma per l'aprirsi reciproco dei popoli ed è quello stesso piano razionale che costantemente richiamava Platone nei suoi nobili - non a caso - dialoghi**; non solo, è quel luogo non-luogo verso il quale inevitabilmente l'uomo dovrà dirigersi se vorrà continuare ad abitare la terra. Questa è l'aporia fondamentale, che la filosofia del nostro tempo è chiamata ad attraversare; per il resto, d'altra parte, Europa e Medio oriente non sono mai state poi così lontane***.
*Sull'importanza della tradizione come rotta per il futuro, rimando al mio intervento Il crocifisso nelle scuole e l'uguaglianza delle religioni.
**Sul dialogo e sulle sue aporie mi ero interessato all'inizio del cammino della Cittadella, varando addirittura un progetto di vari interventi; cfr. Sul dialogo.
***Per una buona panoramica invito a leggere il libro di Franco Cardini, Europa e Islam. Storia di un malinteso.
Commenti
Gheddafi, in realtà, è un pagliaccio furbo: copre con l'Islam la sua sanguinaria dittatura, tra le 10 più feroci del mondo, e i loschi affari che fa di persona coi soldi pubblici del suo Stato.
L'altro pagliaccio è chi gli permette questo circo equestre in Italia, uno Stato sovrano, senza pudore alcuno (e sempre per fare grossi affari personali anche lui).
All'uno e all'altro, della religione - cristiana o islamica - interessa quanto a me interessa la superficie di Plutone.
Dopo la la llww è nato una specie di rifiuto e di contestazione dei simboli dell'occidente che a quel disastro avevano portato. Ma poichè questi simboli rimandano a bisogni etrni (psicodinamicamente parlo) ecco ruemergerli in forme consentite. Cos'è l'islam se non il rassicurante Dio preconciliare che divideva il mondo in categorie e ruoli netti? Quello che non posiamo più concepire nella nostra cultura lo prendiamo a prestito dalle altre, l'imporytante tanto è sempre sfuggire al senso di finitezza
A Giuseppe: Molto interessante, ma non saprei darti corda su questo terreno. Avresti voglia di illustrarmi meglio il tuo punto di vista? Grazie! PS: sono contento di rivederti sulla Cittadella, anche perchè poi quella sera ci siamo "persi". Per quel convengo al quale mi accennavi, ci sono. Tenetemi aggiornato!
A Gianni: Chissà perchè ma quando non ne sai nulla dici che è aria fritta.... :D (Mi permetto la battuta, non offenderti)
Parlare ancora di religione mi sembra fiato sprecato, specialmente per persone che potrebbero parlare di qualcosa di molto più concreto.
Ormai é lampante che la religione é una storiella inventata, che il Dio creatore non esiste e che il mondo é molto diverso da come l’hanno descritto finora.
Parlare di questo é solo un esercizio di pensiero che vi fa perdere il lume della realtà. Comunque, l’uomo l’ha sempre fatto e lo continuerà a farlo specialmente se ha molto tempo libero.
Perchè l'occidente che aveva migliaia di anni di anticorpi anti il fanatismo sia impotente ai deliri di un beduino è un bell'argomento da affrontare con la psicopatologia .
Giuseppe giambuzzi
Con questo noi dobbiamo fare i conti, sopratutto con il fattoche qualcuno vuole sfuggire alle sue angosce convincendoci delle sue opinioni, magari con un palo aguzzo nel sedere. Aria fritta si ma dolorosa
Grazie Carlo per il consiglio ;)
Nella vita si può fare esattamente tutto senza bisogno di inventarsi religioni, anzi secondo me, si farebbe di più e meglio.
Le religioni sono semplicemente il limite dell’uomo alla conoscenza. Ora che cominciamo a sapere un pò di più (non molto di più, solo sappiamo che la periferia dell’universo dista da noi circa 47 miliardi di anni luce) si capisce che all’eventuale Dio creatore non debba importare tanto se usiamo il preservativo o mangiamo carne il venerdì, magari di un animale chiamato maiale.
La religio nell'etimo è una cosa invece molto vasta e che appartiene al modo di stare nel mondo dell'uomo, è un prendersi cura, magari proprio come la Sorge heideggeriana (fra l'altro equivalente a re-ligio in greco sarebbe leghein, da cui logos, ciò che è raccolto e tenuto insieme). Esistono una serie di assunti che reggono anche l'esercizio del metodo, della ragione, della conoscenza (vedi la Critica della Ragion Pratica). L'unica vera perdita di tempo non è certo la religio, che è in questo senso vasto l'attività umana per eccellenza, ma è lo smettere di pensare, l'abbruttimento esistenziale di cui abbiamo una serie enorme di esempi oggi. L'esigenza di "spiritualità" (stiamo sul vago) di cui parlava Giuseppe equivale del tutto all'esigenza di cibo, di acqua, di affetto. Altrimenti tanto vale tornare direttamente ad essere sassi o cenere, che è fra l'altro l'ideale di morte che sottosta al fanatismo della conoscenza (so tutto, non mi pongo più domande, non ho più problemi). Poi esiste un fanatismo dell'ignoranza che è speculare, chiaramente. Ma non ha nulla a che vedere di per sé con la parola "religione". Semmai parleremo di "culto" (radice di colo, coltivare/colonizzare), ma allora vedi subito come cambia la prospettiva, non sto più soltanto avendo cura di qualcosa (aggiungerei "lasciandolo essere nel suo ri-velarsi"), lo sto forzando tecnicamente per prenderne possesso.
Ovviamente di questo passo non si pùo condividere del tutto nemmeno l'entusiasmo per la laicità. Essa rischia di diventare mera tracotanza da omnivoro. La religione in quanto prendersi cura di qualcosa lasciandolo essere un rivelato (e non un prodotto delle mie rappresentazioni, come nell'idealismo, tolto Schelling, ovviamente seguendo il discorso della tecnica le radici sono in Cartesio e Kant) è una scelta che determina anche delle incompatibilità babeliche, delle Differenze. L'islam è l'islam, il cristianesimo è il cristianesimo, come l'uomo è l'uomo e la donna è la donna, non ha senso mescolarsi, si perderebbe ogni gioco differenziale che è il solo motore produttivo dell'esistenza. Il laicismo ha senso solo come il deserto che garantisce l'impossibilità di ogni colere, di ogni logica del dominio (la cultura è questo d'altronde, semmai bisogna trovare una parola diversa per intendere invece il lascito tradizionale da curare religiosamente in quanto marca differenziante). Ma come dice Nietzsche: "I deserti crescono, guai a chi alberga deserti!" Se il laicismo diventa punto d'incontro (sintesi), il logos diventa dia-logos, dialettica, e la religione ridiventa culto (non più ovviamente nel senso del fanatismo ignorante, ma di quello del dominio tracotante della conoscenza assoluta, secondo la distinzione che operavo prima).
Non so se è molto chiaro alla fine, magari si può riformulare meglio!
PS: Giuseppe, non credo che Nietzsche prevedesse una scomparsa delle religioni, anzi, alla fine è ancora lui stesso a predicare un nuovo Dio, Dioniso. Certo è un Dio che muore lacerato per risorgere, cosa non nuovissima ai cristiani, tant'è che poi formulerà la questione in "Dioniso o il Crocefisso", con un gioco disgiuntivo molto complesso e ambiguo.
Ps: La maggior parte della gente si definisce religiosa.