Nuovo ascetismo o nuova età comunale?

L'intervento odierno vuole aprire una serie di riflessioni che hanno la pretesa di guardare al futuro delle nostre vite, città e civiltà. I temi che voglio affrontare e le risposte che voglio proporre in realtà hanno avuto un lungo periodo di gestazione e solo ora riesco a proporli con un minimo di chiarezza e decisione. Per favorirne l'approccio inizio subito ad indicare alcune coordinate culturali di riferimento: la prima è nella concezione della vita umana che in questo anno di cammino nel blog ho avuto modo di trattare, soprattutto tempo fa, riportando un vecchio discorso di Dag Hammarskjöld, Fede antica in un mondo nuovo, con il quale condivido in toto. La seconda è nel giudizio su questa comunità, che affido a Pasolini e che voglio proporvi:

La Sabaudia e la civiltà dei consumi


D'accordissimo su ogni parola. La via allora per tornare ad avere una città e una vita a misura d'uomo, a misura dell'umiltà dell'uomo, è ridar luce a quella civiltà provinciale, rustica e paleo-industriale ? Credo di sì. Riscoprire la forza politica ed esistenziale di un'aggregazione quale il comune e guardare alla cultura europea che ci ha formati e sulla quale la nostra civiltà contadina non può che poggiare per spiccare il volo. Nani sulle spalle dei giganti, questo dobbiamo essere. Ma lo Stato, la democrazia così intesa, la costituzione partigiana, la politica dei magnacci e degli aristocratici ci sono contro. Come vivere e respirare lo spirito europeo? Sarà forse in nuove abbazie, in un nuovo ascetismo o in una nuova età dei comuni? L'interrogativo è qui accennato.

Commenti

Galba ha detto…
complimenti Andrea per questo tuo articolo! sono convinto che l'unica salvezza d'Europa è nel provincialismo, che certa sinistra si ostina a definire ottuso e bigotto, ma che noi italiani veri sappiamo essere una grande risorsa del nostro paese. Tutta l'apertura alla modernità che i rossi hanno portato nel nostro paese è stata una sventura! Dobbiamo tornare alle notre radici, al pane casareccio mangiato in paese, alle luci delle candele (beninteso, per scelta!), alle feste patronali, alle biciclette, a quelle realtà locali che sono i piccoli centri, alle biblioteche rionali. E lasciamo la modernità a chi se la vuole prendere!
Unknown ha detto…
Ciao Galba, grazie per l'apprezzamento. Anzitutto vorrei pregarti di mantenere "alto" il livello della discussione - non che tu non abbia queste intenzioni - evitando appellattivi tipo "i rossi" o "certa sinistra". Per quanto poi la si possa pensare come ognuno meglio crede, mi piacerebbe che tutti mantenessero sul blog quell'interesse asettico per la verità, come ho cercato di fare da un anno a questa parte, tralasciando le polemiche dirette ad una parte politica piuttosto che ad un'altra.

Su quanto dici: anzitutto vorrei precisare che quanto scrivo vuole esser polemico contro quella società consumistica e capitalista che dagli anni 50 ha preso piede anche qui in Italia e non nei confronti di tutta la modernità, che considero un movimento straordinario di crescita, seppur problemico.

La polemica che proponevo voleva andare oltre il ritorno "fisico", delle luci di candela - perchè apprezzo, ad esempio, internet e i blog - ma aveva la pretesa di svegliare le coscienze dei lettori sull'alienazione della nostra anima. Quella cura di sè, del mondo, della Verità che abbiamo buttato a mare a favore di tante altre pratiche e di una concezione di vita totalmente dissennata possono essere riscoperte nella nostra cultura europea.

Ma il problema cardine che ponevo è un altro ed è contenuto nell'ultima riga. Magari ci dedico altri post.

Grazie Galba per l'intervento.
Carlo ha detto…
Condivido la tua critica ad alcuni aspetti della modernità, ma non alla modernità tout court.
Non capisco infatti quale sia il senso del post di Galba, che un'accozzaglia di luoghi comuni, mal pensati ed ancora peggio espressi. Come se la modernità, che nasce all'incirca nel '600, l'avessero inventata i "rossi" o D'Alema e Bersani...
sgubonius ha detto…
Pura curiosità, Andrea, hai mai approfondito l'analisi heideggeriana riguardo a questo tema?
Unknown ha detto…
Studiata sì, approfondita, no. E' vero, a tratti sembra molto heideggeriana, ma per H. è tutto molto più complesso, o no?
sgubonius ha detto…
Beh evidentemente c'è poco di "socio-politico" e molto di ontologico nelle analisi heideggeriane, e quindi si fa tutto molto più complicato o molto più semplice a seconda dei punti di vista.

In verità si dovrebbe qui inserire un discorso molto più ampio, sull'Altro e sulle condizioni di possibilità di una "convivenza" che non sia alienazione nell'Altro o sintesi (fagocitosi) dell'Altro. per esempio senza andare troppo in là, e rimanendo al citato Pasolini, vi è in lui nell'ultimo periodo (quell'intervista è di poco prima di morire se non erro) una tale disillusione per cui questo fascismo del consumo (in Heidegger sarebbe la metafisica) non ha radici nel dopoguerra, ma nell'alba dei tempi. E' un problema di rapporto con la Verità, a cui tutto il resto è subordinato. Lo stato è sempre Leviatano (e quindi consumistico fascistoide), e non il nano non può che stargli sottomesso nella catena dei rapporti soggetti-oggetti, di cui Hegel ha dato l'esempio più limpido nella dialettica del servo padrone. E non si dà altra dialettica.

Evidentemente poi queste sono indicazioni estremamente teoriche che trascendono ogni attuazione sociale e che si sviluppano nell'individuo e nel suo rapporto con l'Altro, fuori dalla storia che ne autentichi e certifichi i risultati ottenuti, fuori dalla dialettica (sinonimo di storia) quindi.
Unknown ha detto…
Bravo sgub, bell'intervento.
sgubonius ha detto…
Ti ringrazio, magari ti sarà da stimolo per abbordare con un po' di passione Heidegger! E' un modo tutto diverso di fare filosofia certamente, ma in fondo si parla sempre delle stesse cose!!
Stefano Boscolo ha detto…
Dopo il nostro piccolo scambio epistolare, eccoti il mio commento. Spesso, forse anche alla spregiudicata demagogia leghista, i comuni vengono inneggiati come perfetto esempio di libertà e democrazia in contrapposizione agli stati nazionali che si formarono da lì ai successivi 2 secoli. Fare una simile affermazione però è falso perché: A) nei comuni i cittadini che contavano di fatto nelle votazioni erano solo coloro che possedevano un reddito piuttosto alto, dunque i burgenses e gli aristocratici (i quali però, almeno nell'Italia del Nord non disdegnavano le attività commerciali); B) Verso il XIII si assiste, non diversamente al resto d'Europa, all'espansione dei comuni verso gli stati territoriali che sono l'analogo degli stati nazioni nel resto d'Europa (come la Francia l'Inghilterra); la realtà comunale quindi già nel medioevo ha teso di per sé a diventare qualche cosa d'altro, per la fame di nuove terre.
Ci aspetta un futuro di comuni? In un certo senso lo auspicherei, anche se riformato rispetto ai comuni medievali. Montesuieu diceva che le democrazie funzionano meglio con le comunità piccole perché garantiscono una migliore coesione. Io mi auguro almeno e prima di tutto che il nostro Stato voglia riconoscere giuridicamente altri gruppi politici, come ad esempio una maggiore attenzione verso le realtà regionali, ma senza le ideologie vuote di contenuto della lega. E' questa, per me, la strada per un ritorno ad un medioevo migliore. In fine dei conti, per certi aspetti, siamo ancora gli italiani del 1300.
Unknown ha detto…
Stefano sono d'accordo con te anche in questa occasione! Questa alternativa tra età comunale e nuovo ascetismo voleva fornire solo immagini, schizzi, forme. Nulla di più. Non avevo intenzione di esaltare i comuni medievali oltre misura, ma accennare a quella riscoperta del territorio, a quella maggiore attenzione per il regionalismo, a cui il Montesquieu da te citato faceva splendidamente riferimento.

Sull'ideologia leghista non posso esprimermi. Devo dire tuttavia che alcune cose mi piacciono, come avrai intuito, ma qui da Ortona (poco più a sud di Pescara) non "sento" la Lega come invece va sentita, ossia all'interno di quello stesso contesto.

Grazie.
:)

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