Il crocifisso nelle scuole e l'uguaglianza delle religioni
Il crocifisso è una cosa seria; è una cosa seria e non si gioca né con i simboli né con la tradizione. Non vi è dubbio che la recente sentenza della Corte europea sia quantomeno discutibile, ma credo che davvero deprecabile sia il polverone alzatosi in questi ultimi giorni, che sta creando un clima pseudo-referendario del tipo "crocifisso Sì- crocifisso No". Ancora una volta l'opinione pubblica italiana non ha perso l'occasione per ridurre una tema decisivo per l'educazione delle giovani leve ad una questione di "partiti", di schieramenti e opposizioni; la prossima mossa, magari, sarà qualche carnevalesca manifestazione, da un lato in nome della libertà e del libero pensiero o dall'altro in nome della famiglia e della santità. Eppure al di sotto di questa radiosa Italia sta scorrendo un fiume non troppo visibile, un corso d'acqua che sta direzionando il cammino dell'umanità attraverso alcune idee cardine e sta ponendo dei paletti da valutare e analizzare con serietà.
Nella pagina di Repubblica che vi avevo segnalato e che ripropongo qui sono presenti le reazioni della nostra "classe dirigente", reazioni più o meno condivisibili e che sono tutte improntate alla critica o all'apprezzamento di un passo ben preciso della decisione, ossia quando si afferma che il crocifisso «può essere di "incoraggiamento" per i bambini già cattolici, può invece "disturbare" quelli di altre religioni o gli atei». A mio avviso non è tanto da discutere questo tipo di concezione, quanto le motivazioni e le convinzioni che portano la Corte a formularle. Difatti alle spalle di questa decisione c'è l'idea che le religioni siano semplicemente delle diverse forme di approccio al divino, magari da vivere nella solitudine della propria intimità, quasi nascondendo il proprio credo al mondo civile. D'altronde troppo spesso questa convinzione di stampo liberale è passata come il metodo efficace e serio di vivere la religione.
Non mi dilungo su questo punto, anche perchè l'approfondimento può essere affidato a tanta letteratura filosofica* e religiosa, ma vorrei riflettere su un'idea espressa poc'anzi e che forse troppo spesso passa inosservata perchè comunemente ritenuta ragionevole, ossia sulla presunta uguaglianza delle religioni. A mio modo di vedere per dare inizio ad una riflessione cosciente sul nostro essere europei non possiamo non partire dall'idea che le religioni non sono tutte uguali. Questa è la tesi che oggi volevo sostenere. Da che punto di vista non sono uguali e perchè? Non mi riferisco alla presunta veridicità o concretezza di una religione piuttosto che un'altra, nè ho intenzione di riformulare la classica argomentazione dei Padri o dell'Agostino del De vera religione, secondo il quale una religione è vera nella misura in cui si avvicina alla verità, ossia a Cristo; nè ho intenzione di fare riferimento al cusaniano De pace fidei o al Lessing dell'Educazione del genere umano, ma provo a formulare delle espressioni differenti, benchè a questi autori sia inevitabilmente debitore.
Dal mio punto di vista le religioni non sono tutte uguali perché, banalmente, occupano posti differenti dinanzi alla nostra storia e alla nostra tradizione. Il cristianesimo è un elemento fondamentale della nostra cultura d'Occidente e credo che negarlo sia in qualche misura disonesto. Difatti anche qualora la religione cristiana viene vissuta con rifiuto, persino sdegno, essa viene in ogni caso assunta, in maniera più o meno cosciente, dall'individuo. Per il fatto stesso che un uomo nasce in questo paese, egli entra in relazione con il Cristianesimo, anche quando la propria "cristianità" viene vissuta come chiusura. L'ateo non sarà mai semplicemente ateo, ma è ateo perché ha vissuto come chiusura la propria relazione con il cristianesimo. Così come l'asceta non è mai solo asceta, ma è sempre qualcuno che vive una relazione con la comunità, anche se questa relazione è espressa come chiusura - e anche qui, bisogna vedere fino a che punto. La tradizione pervade ogni carattere della nostra esistenza e illudersi di poter fare tabula rasa e stabilire a tavolino che un ragazzo possa scegliere senza vincoli tra una religione piuttosto che un'altra, è una semplice illusione; è un'illusione del peggiore illuminismo e che ancora oggi dirige la crescita dell'Europa. Questo bisogna porre in discussione.
Ecco che il crocifisso - che poi è un segno e dev'esser trattato come tale e non come un'oppressione filo-cattolica verso chi a questo segno non si avvicina - deve essere esposto in bella mostra nelle nostre aule. Nello stesso senso a scuola deve essere insegnata la religione cattolica e non una vuota "storia delle religioni", come ho recentemente sentito proporre. Lo studente del nuovo millennio è già distante da una riflessione su se stesso per vari motivazioni esterne alla Scuola e se non viene stimolato e instradato a prender coscienza dell'ambiente in cui vive, della tradizione che lo ha formato e che ancora ne scandisce inevitabilmente la vita - si pensi, banalmente, al calendario e alla divisione della storia in a.C e d.C - se non si forniscono ai ragazzi gli strumenti e l'ambiente giusto per fare tutto questo, allora la nostra società continuerà a direzionarsi verso un futuro senz'anima. Insegnare religione cattolica nella Scuola dell'obbligo ed esporre il Crocifisso non sono allora dei sistemi oppressivi o discriminanti ma sono modi per far sì che un elemento decisivo della nostra cultura, ossia il Cristianesimo, non venga ideologicamente offuscato o persino nascosto ai nostri discendenti, evitando così di offrire loro i mezzi adeguati per costruire una nuova Europa sana e democratica.
*Su questo tema, cfr. H.Spano, Religione, etica e laicità, Fridericiana Editrice Universitaria, Napoli 2008. Si tratta della raccolta degli atti di un recente convegno dell'Associazione Italiana di Filosofia della Religione, nel quale questa tematica è stata ben discussa.
Nella pagina di Repubblica che vi avevo segnalato e che ripropongo qui sono presenti le reazioni della nostra "classe dirigente", reazioni più o meno condivisibili e che sono tutte improntate alla critica o all'apprezzamento di un passo ben preciso della decisione, ossia quando si afferma che il crocifisso «può essere di "incoraggiamento" per i bambini già cattolici, può invece "disturbare" quelli di altre religioni o gli atei». A mio avviso non è tanto da discutere questo tipo di concezione, quanto le motivazioni e le convinzioni che portano la Corte a formularle. Difatti alle spalle di questa decisione c'è l'idea che le religioni siano semplicemente delle diverse forme di approccio al divino, magari da vivere nella solitudine della propria intimità, quasi nascondendo il proprio credo al mondo civile. D'altronde troppo spesso questa convinzione di stampo liberale è passata come il metodo efficace e serio di vivere la religione.
Non mi dilungo su questo punto, anche perchè l'approfondimento può essere affidato a tanta letteratura filosofica* e religiosa, ma vorrei riflettere su un'idea espressa poc'anzi e che forse troppo spesso passa inosservata perchè comunemente ritenuta ragionevole, ossia sulla presunta uguaglianza delle religioni. A mio modo di vedere per dare inizio ad una riflessione cosciente sul nostro essere europei non possiamo non partire dall'idea che le religioni non sono tutte uguali. Questa è la tesi che oggi volevo sostenere. Da che punto di vista non sono uguali e perchè? Non mi riferisco alla presunta veridicità o concretezza di una religione piuttosto che un'altra, nè ho intenzione di riformulare la classica argomentazione dei Padri o dell'Agostino del De vera religione, secondo il quale una religione è vera nella misura in cui si avvicina alla verità, ossia a Cristo; nè ho intenzione di fare riferimento al cusaniano De pace fidei o al Lessing dell'Educazione del genere umano, ma provo a formulare delle espressioni differenti, benchè a questi autori sia inevitabilmente debitore.
Dal mio punto di vista le religioni non sono tutte uguali perché, banalmente, occupano posti differenti dinanzi alla nostra storia e alla nostra tradizione. Il cristianesimo è un elemento fondamentale della nostra cultura d'Occidente e credo che negarlo sia in qualche misura disonesto. Difatti anche qualora la religione cristiana viene vissuta con rifiuto, persino sdegno, essa viene in ogni caso assunta, in maniera più o meno cosciente, dall'individuo. Per il fatto stesso che un uomo nasce in questo paese, egli entra in relazione con il Cristianesimo, anche quando la propria "cristianità" viene vissuta come chiusura. L'ateo non sarà mai semplicemente ateo, ma è ateo perché ha vissuto come chiusura la propria relazione con il cristianesimo. Così come l'asceta non è mai solo asceta, ma è sempre qualcuno che vive una relazione con la comunità, anche se questa relazione è espressa come chiusura - e anche qui, bisogna vedere fino a che punto. La tradizione pervade ogni carattere della nostra esistenza e illudersi di poter fare tabula rasa e stabilire a tavolino che un ragazzo possa scegliere senza vincoli tra una religione piuttosto che un'altra, è una semplice illusione; è un'illusione del peggiore illuminismo e che ancora oggi dirige la crescita dell'Europa. Questo bisogna porre in discussione.
Ecco che il crocifisso - che poi è un segno e dev'esser trattato come tale e non come un'oppressione filo-cattolica verso chi a questo segno non si avvicina - deve essere esposto in bella mostra nelle nostre aule. Nello stesso senso a scuola deve essere insegnata la religione cattolica e non una vuota "storia delle religioni", come ho recentemente sentito proporre. Lo studente del nuovo millennio è già distante da una riflessione su se stesso per vari motivazioni esterne alla Scuola e se non viene stimolato e instradato a prender coscienza dell'ambiente in cui vive, della tradizione che lo ha formato e che ancora ne scandisce inevitabilmente la vita - si pensi, banalmente, al calendario e alla divisione della storia in a.C e d.C - se non si forniscono ai ragazzi gli strumenti e l'ambiente giusto per fare tutto questo, allora la nostra società continuerà a direzionarsi verso un futuro senz'anima. Insegnare religione cattolica nella Scuola dell'obbligo ed esporre il Crocifisso non sono allora dei sistemi oppressivi o discriminanti ma sono modi per far sì che un elemento decisivo della nostra cultura, ossia il Cristianesimo, non venga ideologicamente offuscato o persino nascosto ai nostri discendenti, evitando così di offrire loro i mezzi adeguati per costruire una nuova Europa sana e democratica.
*Su questo tema, cfr. H.Spano, Religione, etica e laicità, Fridericiana Editrice Universitaria, Napoli 2008. Si tratta della raccolta degli atti di un recente convegno dell'Associazione Italiana di Filosofia della Religione, nel quale questa tematica è stata ben discussa.
Commenti
Per una volta, anzi, ho sentito che un tema non ri(con)ducibile soltanto all'avere un crocefisso in classe, ha portato ad un sentimento comune patrioticco e ancor più di rispetto (oserei dire quasi religioso) verso le nostre radici cristiane e di riconoscimento per tutto ciò che il cristianesimo e il cattolicesimo nel nostro Paese costituisce.
Per una volta l'Italia ha fatto sentire la sua voce, la sua presenza, tutto ciò che ancora per fortuna è.
A Stefano: allora, condivido il tuo discorso su Croce - perchè di fatto hai obiettato a Croce, non a me. Io sostengo qualcoosa di più radicale, ossia che questo orizzonte non è uno tra gli altri; il cristianesimo non è come la cultura del gruppo celtico o longobardo o svevo o spagnool etc. che di volta in volta hanno presieduto il potere temporale della nostra italia (o, di più, della nostra Europa), bensì sostengo che il Cristianesimo è stato il "collante" (mettiamola così) tra tutti questi domini. Il Cristianesimo è l'unico elemento che ha formato una cuyltura condivisa e che di volta in volta è entrato dialetticamente in polemica con le diverse tradizioni, culture e persino religioni che hanno allungato il proprio passo sull'Europa. Il Cristianesimo non è come il fascismo perchè non basta "esserci", ma conta quanto incide. E la nostra cultura nasce tutta da quel movimento. Dobbiamo iniziarla a vedere in maniera più "laica" questa religione cristiana. Non è una tra le altre, ma è l'orizzonte per conoscere se stessi, anche quando, ripeto, si viva questo rapporto come chiusura. Qui Croce non ci sarebbe arrivato e ti parla uno che non è certo "cattolico" o filo-ecclesiatico, s'intende (dal blog). :) Grazie!
Grazie mille
Oggi girando per la rete ho trovato questo virgolettato di Cacciari: "se c'è un segno che rappresenta la cultura europea in tutte le sue dimensioni questo è la croce". La cosa mi ha stupìto - anche se non più di tanto, perchè in effetti mi sono sempre abbeverato di filosofia dalle sue opere - perchè credevo che la mia posizione fosse tipica di un conservatore. Invece, tutto sommato, credo che si possa riconoscere questa "capacità", questa "superiorità" (come dicevi te) al cristianesimo senza dover render conto delle altre posizioni.
Non so se mi sono spiegato adeguatamente sul punto che ti contesto. :)
Sulla bagarre “storia-oggettività” ti volevo coinvolgere proprio perché, secondo me, non si può assolutamente prescindere da un interpretazione storica (va un po' alla malora quindi la succitata oggettività) del cristianesimo in rapporto alle strutture politiche se vogliamo interrogarci sul significato da attribuire al ruolo del cristianesimo oggi. E questo lo dico perché molto spesso ci si appella (non mi riferisco a te) ai valori cristiani o, al contrario, alla laicità dello stato senza aver un minimo riflettuto sul ruolo che la Chiesa ha assunto in Occidente nella formazione della cultura europea. Ecco perché io vedo nei gesti come lo “schiaffo” qualche cosa di più di un semplice riferimento oggettuale, un pattern, un dimensione simbolica a cui noi forse oggi (compreso il sottoscritto) siamo poco avvezzi. Per me interrogarsi sulla storia significa interrogarci sui simboli, e i simboli sono composti da una parte materiale e un ideale. Penso che in particolare la parte ideale possa essere molto interessante per un eventuale “storia delle radici cristiane” e forse magari riusciremo a sciogliere quell'incredibile matassa di pregiudizi (ecco che affiora la mia parte illuministica) che spesso sono la conseguenza di una pre-comprensione dell'identità cristiana. Ovviamente non prenderla come una polemica nei tuoi confronti!
Grazie,
Stefano
non sono d'accordo - nel dettaglio - con altre cose che pure hai scritto nonché - in generale - con l'impostazione di fondo che, prim'ancora che (certamente anche) crociana, mi sembra perlopiù "hegelista" (non hegeliana). duecento anni dopo, nel ventunesimo secolo, trovo difficoltoso sintonizzarmi - tanto per dirne una - sulla concezione del cristianesimo "als absolute religion" e con tutto ciò che comporta. e soprattutto non credo che la questione della religione civile debba assumere una tale (inevitabile) centralità in un discorso intorno al cristianesimo.
nel dettaglio: mi sembra che alcuni tuoi giudizi siano troppo netti e filologicamente discutibili. un esempio su tutti è quello riconducibile alla frase: "stabilire a tavolino che un ragazzo possa scegliere senza vincoli tra una religione piuttosto che un'altra, è una semplice illusione; è un'illusione del peggiore illuminismo".
il problema è più complesso. e comunque l'illuminismo è esso stesso un fenomeno più complesso. ti basti pensare - e lo dico da aufklärer - che quello tedesco (all'interno del quale pure occorrerebbe distinguere puntualmente) evidenzia caratteri del tutto diversi da quello francese o britannico e, comunque, non veicola tout-court quei caratteri che le tue parole parrebbero richiamare. tutt'altro. mi pare che - e spero così di rendere l'idea - tu debba in questo caso sostituire quel "peggiore illuminismo" con un "ingenuo deismo", per essere più equo nei confronti di quella feconda e DECISIVA stagione culturale di cui fortunatamente siamo (almeno in parte, anzi: solo in parte ahimè) eredi.
ti ho risposto in tutta fretta e senza verificare la correttezza della digitazione. perdonami. ti auguro un felice week-end. in amicizia, hagar.
Piuttosto sono curioso sulla critica che muovi al mio approccio perchè quando dici "l'impostazione di fondo che, prim'ancora che (certamente anche) crociana, mi sembra perlopiù "hegelista" (non hegeliana). duecento anni dopo, nel ventunesimo secolo, trovo difficoltoso sintonizzarmi".
Sono d'accordo quando sostieni che la religione civile non debba assumere tutta questa rilevanza nel cristianesimo, ma vorrei invitarti ad esporre i motivi per cui rifiuti la mia posizione hegelista. Ossia: non mi soddisfa quel "duecento anni dopo non è possibile" perchè mi sa un po' troppo di spiegazione vattimiana, che non è nel tuo stile da aufklärer (Vattimo: "oramai non possiamo più credere in un dio metafisico. Perchè? Eh, perchè non è più possibile"). Grazie!
dicevo hegel, appunto. gli è che le premesse sono mutate, il contesto anche. sono mutate le esigenze culturali, andrea, e le problematiche che si addensano attorno alle questioni religiose. lo sappiamo tutti. si tratta oggi di chiarire e affermare la questione dell'interculturalità, del dialogo interreligioso, della laicità dello stato e altre cose di questo tipo. sono istanze che non possiamo fingere di non vedere rinviando a paradigmi intellettuali che, sebbene costituiscano un patrimonio estremamente fecondo e per certi versi imprescindibile della civiltà occidentale, risultano parzialmente o integralmente inadatti se soggetti a una torsione dal piano A a quello B come quella che (più o meno consapevolmente) eserciti.
l'approccio hegeliano alla religione, sul quale peraltro si è prodotta come sai un'importante divaricazione all'interno della sua stessa "scuola", quello per intenderci della religione disvelata (offenbare) della fenomenologia dello spirito (ma cf. anche per altri versi le pagine della sua enzyklopädie), teso a identificare il cristianesimo con la "religione assoluta" ecc. ecc., oggi:
(1) calamita molte aporetiche questioni relative al rapporto tra filosofia e religione (e tra filosofia e teologia). il primo binomio denota secondo i critici (e come io stesso ho affermato in un convegno a tor vergata qualche mese fa) una "identificazione per assorbimento" (per capirci: la religione viene assorbita e inglobata dalla filosofia, secondo l'interno movimento dialettico dello spirito assoluto attraverso le figure dell’arte, della religione e finalmente della filosofia); il secondo binomio - filosofia/teologia - registra una subordinazione dell'una all'altra e una "strumentalizzazione noetica" (se mi passi l'espressione) dei contenuti più propri del cristianesimo, che di fatto ne risultano svuotati.
(2) non è adeguato alle domande poste dalla coscienza contemporanea, allertata dalle questioni della laicità (cui si riferisce la sentenza della corte europea) e preoccupata di determinare e individuare una grammatica del dialogo interreligioso e interculturale in grado di tutelare le specificità delle tradizioni storiche e culturali (che ogni religione, tra le altre cose e assieme a tutto il resto, si trascina dietro).
insomma, il problema è complesso e chiedo perdono a te e eventualmente ai tuoi interlocutori se l'ho affrontato in modo così sommario. lo spazio è quello che è. semplicemente, poiché hai chiesto il mio parere, ci tenevo a fare un'osservazione di metodo segnalando quella che a mio avviso è una (pericolosa) sovrapposizione di piani. un abbraccio, h.s.
p.s. per quanto riguarda il passaggio sull'illuminismo ci siamo certamente chiariti: la mia era una premura (che mi perdonerai) da appassionato (e grato) studioso della aufklärung. :)
Stefano
Siamo stati amici di facebook, poi per ragioni che non mi hai voluto spiegare mi hai tolto dall'elenco. Non voglio polemizzare sulla questione del crocifisso, ma solo dirti che il tuo blog è interessante, se non altro perchè entrambi amiamo da punti di vista diversi Nicola Cusano.
Saluti cordiali
Italo Nobile
Ad Hagar risponderò più tardi, ora devo tornare a studiare. Saluti.
Quando scrivi che rispetto ad Hegel - ammesso che le mie posizioni siano congruenti al Maestro - mi trova perfettamente d'accordo: "le premesse sono mutate, il contesto anche. sono mutate le esigenze culturali"; eppure credo che nonostante oggi siano "sentiti" temi differenti, siano necessarie risposte diverse, il nucleo dell'esperienza religiosa sia rimasto sempre lo stesso. E per nucleo intendo proprio quel "metodo", quell'approccio che prima denunciavi come "obsoleto" (mettiamola così), che può avere certo una forma inconsueta, ma a mio modo di vedere ha le potenzialità per rispondere anche ai problemi attuali. Inutile far notare, perchè te ne sei accorto già, come la decisione di adottare una "forma" così hegelista contenga una piccola provocazione al suo interno: possiamo oggi affermare che stiamo affronando tematiche "nuove"? Possiamo relegare questo approccio al passato? Ebbene, io credo molto in questo "nucleo" e sono convinto che solo rischiarando bene il "centro" divengano chiari e "percorribili" tutti quei raggi che sono le problematiche continugenti del mondo che di volta in volta chiamiamo contemporaneo. La mia sfida è allora sbugiardare quanto scrivi: "non è adeguato alle domande poste dalla coscienza contemporanea, allertata dalle questioni della laicità".
:)
Mi pare evidente che il Cristianesimo cattolico abbia nella storia italiana un ruolo che nessuna altra religione ha. Non credo che il "senso" della sentenza o delle tesi di chi la sostiene sia quello di mettere in discussione tale ruolo. A me sembra che il punto sia di ordine molto più spicciolo e pratico, se vogliamo. Cresce il numero degli alunni non cristiani nelle scuole italiane. Musulmani, buddisti, confuciani, non credenti in genere. Può il crocifisso in classe "offendere" queste minoranze non cristiane ? Deve un simbolo della maggioranza essere "imposto" ad una minoranza ?
Questo è il punto. Per cui, si dice, non possiamo mettere un simbolo "di parte" in un posto che è di tutti.
Questa è la domanda da porsi. Il tema vero è il "rispetto" delle minoranze in un luogo che è di tutti. Il crocifisso, si dice, va bene in Chiesa dove va solo chi è cristiano, non a scuola o in un ufficio pubblico, che appartengono a tutti.
Detto questo, ti dico il mio pensiero. Io non credo che un simbolo come il crocifisso possa "offendere" nessuno perchè un simbolo di amore e di sofferenza e non di sopraffazione. E' un simbolo che ha un valore culturale che può accumunare tutti.
Diverso è, secondo me, la questione dell'ora di religione.
Io sono favorevole all'ora di storia delle religioni obbligatoria per tutti, fatta da insegnanti laici. Viviamo in una società sempre più multiculturale e multireligiosa e mi sembra utile per tutti imparare a conoscere e capire le tradizioni delle persone che vivono fianco a fianco con noi nelle nostre terre. E' un fatto di cultura. Abbiamo musulmani e cinesi fra noi, dobbiamo conoscere la loro cultura. Allo stesso modo, loro potranno meglio capire il paese che li ospita e dove forse vivranno per sempre.
Accanto a quest'ora di storia delle religioni, vedo benissimo l'ora di religione cattolica, fatta da insegnanti autorizzati dalla Chiesa cattolica, e ore di religione per tutti gli altri culti praticati in maniera significativa in Italia. Tutto ciò su base ovviamente facoltativa. Ciascuno deve avere l'obbligo di conoscere gli altri ed il diritto di ricevere l'insegnamento della religione in cui crede.
Dunque, tu riportavi, grosso modo, lo stesso schema argomentativo della polemica che sta infuriando fuori dalle mura di questa cittadella, dove invece mi sembra che stiamo trattando la questione con coscienza e serietà e per questo ve ne sono grato. Ma tralasciando le sviolinate, che stavolta non sono di rito, vengo alla risposta. Carlo, quanto dici è molto "pratico", ma con altrettando spirito vorrei far notare che a mio modo di vedere l'alunno non è che ci faccia caso più d tanto al crocifisso o al simbolo. Piuttosto si parla di genitori un po' fanatici che spesso pretendono di far crescerei loro figli in Italia come se fossero al loro paese. Quello che mi infastidisce di questa sentenza è proprio questo: se un immigrato si stabilisce su territorio europeo è necessario che anzitutto lui faccia i conti con la nostra cultura e con le nostre tradizioni. Contemporaneamente un europeo non può che approssimarsi alla diversità, ma questo non può significare uno svilimento delle religioni e delle culture. L'idea della corte è che se facciamo piazza pulita, se rendiamo la scuola un luogo neutro (=senza anima) allora è più facile che si evitino problemi. Ma questo, al contrario, uccide le nostre e le loro tradizioni. Prendersi cura dell'altro, anche nel Vangelo, non significa annullarne l'identità ma tenerlo ben distinto, "salvo" nella propria e favorirne l'incontro.
Sul Crocifisso come simbolo di amore e sofferenza, "che può accomunare tutti", mi trovi in accordo ma vorrei, appunto, evitare questo tipo di discorso, che mi sembra già troppo "nel merito" e meno nel "metodo". E qui, nella cittadella, voglio discutere di metodo".
:)
andrea, se avessimo delle certezze così inossidabili sul "nucleo dell'esperienza religiosa" non ci occuperemmo, in chiave analitica o "classica", di filosofia della religione (o avremmo già smesso da un pezzo) né di altre forme di intelligenza del religioso e dell'esperire che esso innesca. inoltre: chi dice che il paradigma hegeliano (che per capirci possiamo definire: "noetico") di comprensione del religioso sia quello più spendibile? e, bada, non voglio fare lo schleiermacheriano della situazione, il mio è un rilievo disimpegnato.
inoltre, visto che apprezzi le mozioni di metodo, permettimi di contestare - oltre alla oscillazione sui due piani, che definivo A e B - i vocaboli "obsoleto" e "sbugiardare", che non ho usato (il primo) o che non rendono l'idea (il secondo). io non sostengo che il paradigma che, provocatoriamente, ho definito "hegelista" sia "obsoleto", ci mancherebbe; sostengo soltanto che la coscienza contemporanea, e segnatamente il caso di specie (che come notava carlo due commenti sopra a questo mio è un caso molto pragmatico), sono allertati da questioni che si collocano su un piano che forse, e sottolineo forse, non è "conveniente" affrontare con gli strumenti che hai messo in campo. non dico che sia obsoleto o che ci sia qualcosa da sbugiardare, dico soltanto che - in una afosa serata estiva - può essere sconveniente, per quanto efficace, liberarsi di una zanzara con un lanciafiamme.
Sul nucleo dell'esperienza religiosa: non ho certezza inossidabili, sono solo convinto che tutto sommato l'uomo sia sempre lo stesso (lo so che sto affermando una posizione antropologica importante e radicalem, che a sua volta andrebbe problematizzata). Ha senso occuparsi di filosofia della religione perchè questo nucleo, a mio avviso, non è certo ben definito nè chiaro e i differenti "paradigmi" sono modi di approssimarsi ad esso. Forse esprimo pareri molto più schleiermacheriani di quanto sembri!
http://www.youtube.com/watch?v=wwA4sR6kzGM&feature=related