L'uovo del serpente
Un film angoscioso, dai dialoghi essenziali e dalle classiche atmosfere cupe che tinteggiano le opere di Ingmar Bergman, "L'uovo del serpente" mi pare ancora oggi uno dei film più densi ed esplicativi di ciò che è stata la crisi economica, politica e morale della Germania di Weimar. Ne consiglierei però la visione non tanto per il gusto dello storico, quanto, piuttosto, come una chiave di lettura per il presente, per comprendere cioè le possibili derive della popolazione affamata che agogna pane e riscatto sociale; un po' come accade in questi giorni in Grecia e un po' anche nella nostra Italia. Il film si apre nella Berlino caotica e anarchica del periodo appena successivo al primo conflitto mondiale e rispecchia bene quella strana espressione culturale che vide luce negli anni '20, dai canti tradizionali tedeschi delle prime scene, ai balletti con abiti succinti dei locali notturni, fino alle meno eleganti prostitute, al circo di strada e quant'altro; ma la trama è quella di un vero thriller, anche se non ci se ne accorge granché: il fratello di Abel viene trovato morto nel letto per un colpo di pistola in testa - (forse) suicida - e se ne cercano i moventi.
Eppure, durante la visione, il filo rosso della storia del fratello di Abel scompare (salvo poi rispuntare nel finale); si è presi invece dal mondo che intorno ai due protagonisti cambia sempre di più: le violenze di strada, le prime voci contro gli ebrei, le teorie dei complotti, fino agli albori del partito nazionalsocialista e al tremendo progetto eugenetico del dottore inebriato dai risultati della Scienza e del Progresso. E' tutta lì l'analisi filosofico-storica di quegli anni e sono ancora lì le possibili deviazioni antidemocratiche del presente e del mondo venturo - e nella speranza di non doverle percorrerle, si può quindi concludere con Bergman che esse sono come l'uovo del serpente: nonostante la membrana che protegge il contenuto dell'uovo, si può vedere benissimo dentro il rettile formato (simbolo del male celato nella nostra società). La speranza è che questi non si schiuda nel breve tempo. Ma l'uovo c'è, viene covato quotidianamente ed è parte piena dell'agire politico: l'età dei Bestioni, diceva un grande filosofo napoletano, è sempre potenzialmente all'alba del giorno successivo.
Eppure, durante la visione, il filo rosso della storia del fratello di Abel scompare (salvo poi rispuntare nel finale); si è presi invece dal mondo che intorno ai due protagonisti cambia sempre di più: le violenze di strada, le prime voci contro gli ebrei, le teorie dei complotti, fino agli albori del partito nazionalsocialista e al tremendo progetto eugenetico del dottore inebriato dai risultati della Scienza e del Progresso. E' tutta lì l'analisi filosofico-storica di quegli anni e sono ancora lì le possibili deviazioni antidemocratiche del presente e del mondo venturo - e nella speranza di non doverle percorrerle, si può quindi concludere con Bergman che esse sono come l'uovo del serpente: nonostante la membrana che protegge il contenuto dell'uovo, si può vedere benissimo dentro il rettile formato (simbolo del male celato nella nostra società). La speranza è che questi non si schiuda nel breve tempo. Ma l'uovo c'è, viene covato quotidianamente ed è parte piena dell'agire politico: l'età dei Bestioni, diceva un grande filosofo napoletano, è sempre potenzialmente all'alba del giorno successivo.
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