Perché dirsi europei? Ortona oltre la mura. La giornata dell'Europa 2010

Pubblico sulla Cittadella l'articolo che ho realizzato per il giornale mensile "OfficinaOrtonaNews" e che occupa, con onore, la prima pagina. Si tratta di un "resoconto" della giornata dell'Europa 2010, accompagnato da una breve riflessione sul nostro dirci-Europei e su quale Europa, a mio avviso, sia possibile costruire.

«Tutti i vostri sostegni sono troppo fragili se il vostro Stato conserva la tendenza verso la terra, ma legatelo alle altezze del cielo, con un anelito più elevato, dategli un collegamento con l'universo ed avrete in lui una molla che non stanca mai e vedrete i vostri sforzi abbondantemente ricompensati»

(Novalis, La cristianità o l'Europa, a cura di A.Reale, Rusconi, Milano 1975, p.105)
Perché l' Unione Europea? Perché condividere le decisioni e le responsabilità con gli spagnoli, con i tedeschi o, oggi in voga, con la Grecia dei “furbacchioni”? Ma poi, si decide realmente qualcosa all'UE? Trattasi dunque solo di un patto post-bellico di non belligeranza, oppure è tutta una questione di soldi, la solita speculazione economica che agisce sullo sfondo? Perché e in che senso la più alta tradizione filosofica, letteraria e politica ha da sempre individuato nell'Europa un orizzonte ineliminabile, o a volte persino “ideale” della nostra cultura? Vale la pena, oggi, essere-europei? Le poche questioni accennate non possono che tornare prepotentemente sulla scena durante gli ultimi anni di crisi economica, culturale e politica. L'Europa è davvero chiamata a riflettere sulle proprie radici e sul proprio destino soltanto dalla minor quantità di denaro in circolazione? A nostro avviso – ed esplicito subito i presupposti del ragionamento – la precaria condizione economica rappresenta la punta di un iceberg, che si è solidificato alla svelta tra le acque poco stabili di una koiné europea realizzata anzitutto sull'aspetto economico e non sulla coscienza dei popoli. Ossia dal nostro punto vista l'UE si è realizzata sulla base di un'opportunità economica di aggregazione e non sulla propria storia, cosa che, inversamente – vogliamo sostenere -, avrebbe offerto un fondamento stabile per un soggetto politico davvero nuovo. A testimoniarla, niente è più esplicativo della facilità con cui un paese ricco di storia e cultura come la Grecia viene quasi invitato alla porta – perché non è conveniente condividere denaro e imposte con loro! - e, al contempo, come le stesse porte si spalanchino, ad esempio, alla Turchia o alla Russia. Oppure, sulla stessa scia, si rifletta in merito all'introduzione della moneta unica, che tutt'oggi rappresenta la sola pietra posata coscientemente dagli europei nell'atto di istituire questo “nuovo” orizzonte politico. Non a caso ad un decennio di distanza dalla prima circolazione dell'Euro riemergono termini scettici e posizioni reazionarie. Un'Europa così, pensata esclusivamente in funzione competitiva con gli U.S.A., con la Cina e con l'India sui mercati internazionali, non ha futuro. Un'Europa così è semplicemente una figlia illegittima di un mondo senz'anima.

Vi scrive un europeista convinto, uno che crede nella forza e nella sacralità della nostra tradizione europea, che ha cullato le menti più illuminate della storia e che ha dato vita ad espressioni altissime in scienza, arte, letteratura e in tutto ciò che attiene alle nostre capacità umane. Ma l'Europa di oggi, unita per denaro e convenienza, non ha nulla a che fare con quelle radici culturali, filosofiche e religiose che l'Europa dei popoli ha saputi esprimere sin dall'antichità. E non stiamo qui a soffermarci sui sogni europei di Carlo Magno, sull'Impero di Federico II o sulla ricchezza di tradizioni – mediterranea, baltica, teutonica, iberica, italica, celtica etc. – che l'Europa ha saputo far confluire e dialetticamente armonizzare. Nell'Europa del XXI secolo c'è un'impellente bisogno di cultura, di fare un passo indietro e recuperare quell'unico e straordinario tronco d'albero, appoggiato su una molteplicità multiforme di radici, per contribuire a veder sbocciare i fiori più belli e un giorno, forse, coglierne i frutti maturi. Solo un'azione politica di recupero della nostra coscienza europea potrà fondare qualcosa di nuovo e stabile; potrà fornire il giusto rapporto con quell'orizzonte culturale nel quale siamo situati qui ed ora e con il quale, inevitabilmente, abbiamo da sempre avuto commercio. Entro questo complesso quadro politico – perché il recupero della cultura è sempre un'azione politica – è da sistemarsi la giornata dell'Europa 2010. Non è semplicemente un tentativo di nobilitare una pur ristretta iniziativa portata avanti ad Ortona, ma è l'espressione di una direzione politica e culturale ben definita. Difatti solo leggendo queste giornate nella chiave politico-culturale di tasselli giustapposti nel tempo, come in un mosaico, per il recupero della coscienza europea, allora esse avranno un senso.

In caso contrario, tutte le iniziative in merito all'Europa – di maggiore o di scarsa qualità - rimarranno delle pennellate superflue su un quadro già delineato. Ebbene, ad Ortona la giornata dell'Europa è stata un successo e ha visto la partecipazione di tanti gruppi e di una buona parte del popolo ortonese. Ha visto soprattutto la partecipazione dei bambini, a cui in primis è diretto questo tentativo di trasmettere una coscienza dell'essere-europei. Ecco perché stringe il cuore e smuove lo stomaco percepire l'indifferenza di alcuna stampa e di alcune associazioni locali dinanzi ad un intento di questa potenziale forza e importanza. D'altronde è il solito e triste silenzio di chi per propri limiti non ne intende la portata, spesso chiuso tra le quattro mura di un cieco pregiudizio politico o, peggio, di piccoli screzi personali. Un sentito ringraziamento pertanto va allo Sportello Europe Direct e alla responsabile Eliana Porreca per aver creduto in questa iniziativa e averci offerto spunti per una riflessione cosciente e articolata in merito al destino della nostra città nell'orizzonte più ampio della politica nazionale ed europea. Appare superfluo a questo punto descrivere lo svolgimento della giornata e il ricco programma composto da alcune associazioni e diretto, appunto, dallo Sportello Europe Direct. Si auspica, in tal senso, una Giornata dell'Europa 2011 più partecipata e vissuta da tutta la città – e direi da tutta la nazione – come un vero e proprio appuntamento con la storia, a cui questa Italia, sempre meno incline alla riflessione e al pensiero, non può certo sottrarsi.

Commenti

sgubonius ha detto…
E' indubitabile che l'europa sia una invenzione economica che sta a poco a poco erodendo le matrici differenziali culturali. D'altro canto è sempre così, l'economia la dura e la vince!!
L'europa di unito ha sempre avuto molto poco: gli inglesi stanno per i fatti loro, francesi e tedeschi si odiano, noi non siamo praticamente nemmeno uno stato unico per conto nostro, e via dicendo. La tradizione europea è sempre stata grande nelle sue differenze, con radici nemmeno tanto comuni (fra i latini e gli anglosassoni ci sarà sempre un abisso, abisso che percorre la storia dell'arte e della filosofia). C'era il cattolicesimo come koiné, ma il sospetto che, così come era imposto, fosse una UE ante litteram (sacro romano impero) viene. Poi l'economia è cambiata (borghesia), e i nordici si sono ristaccati appena possibile col protestantesimo.

Adesso l'economia è ricambiata (dalla borghesia siamo passati alla repubblica dei servizi) e diventa necessario uniformare e standardizzare, senza più operai e imprenditori, tutti per uno e uno per tutti. Succede con la lingua, con la cultura, con lo sport, con la musica, con le merci (soprattutto). Il fatto di ritrovare delle radici europee tende più alla connivenza che altro no?