Il corpus Dionysianum

Prendo spunto dall'ottima recensione di Armando Torno, apparsa ieri sul Corriere della Sera, dal titolo Tutti i segreti dell’areopagita, in merito alla pubblicazione di Tutte le opere di Dionigi Areopagita (Bompiani, pp. 828, € 26,50). Armando Torno ripercorre brevemente il dibattito in merito alla parternità di quel Corpus di testi apparso improvvisamente in Occidente nel IX secolo a.C. nelle mani di Ilduino, vescovo di Parigi. L'articolo di Torno offre una buona panoramica della controversa questione, accennando anche alla possibile identificazione dell'autore del Corpus con Damascio, autore platonico del VI secolo, sulla quale spenderei qualche riga. Ora, non adeguatamente Damascio per esprimermi in maniera netta, tuttavia mi sembra che l'identificazione funzioni poco, non tanto per le coordinate storico-geografiche - che potrebbero coincidere benissimo - bensì per il carattere stesso della scrittura "dionisiana"; difatti se per un verso è evidente come Damascio radicalizzi l'henologia plotiniana e ne offra una versione marcatamente teologica, con un'operazione che avrà pari in Occidente solo nell'autore del Corpus e (forse) in Meister Eckhart, per l'altro il sommo "Dionigi" - qualora fossero due autori differenti - appare più organizzato e la visione del modo che veicola nei suoi scritti decisamente più complessa e "pensata" di quanto non emerga negli scritti di Damascio. Quando mi riferisco alla complessità e all'organicità del Corpus penso in particolar modo alla trattazione della demonologia platonica, così ben armonizzata con la teoria della conoscenza e con l'ontologia, che diede vita ad una vera e propria metafisica della luce, come l'ebbe a definire Clemens Baeumker; ovvero ad una struttura concettuale che caratterizzò un fiorente periodo di speculazione neoplatonica medievale, tanto cristiana e quanto araba. In effetti la diffusione del Corpus lungo il medioevo fu straordinaria soprattutto grazie alla traduzione di Giovanni Scoto Eriugena, commissionata da Carlo Il Calvo in persona, e fu decisiva per tanti autori delle età successive, compresi Meister Eckhart e Nicola Cusano; probabilmente a questa fama dell'autore del Corpus contribuì la convinzione che egli fosse quel Dionigi che seguì Paolo dopo il discorso dell'Areopago, del quale si accenna negli Atti degli Apostoli. In ogni caso sulla questione rimando ad autori ben più competenti del sottoscritto in materia e soprattutto al saggio di Carlo Maria Mazzucchi, presente in questa edizione Bompiani. Per concludere, riporto una opportuna considerazione di Giovanni Reale, che Torno cita lungo la recensione, ovvero «che quanto hanno prodotto le opere dello pseudo-Dionigi non era immaginabile al suo autore»: le opere di Dionigi hanno difatti stimolato per secoli le riflessione più alte e raffinate della storia della filosofia e, ancora, si presentano come gemme straordinarie per noi lettori e studiosi del XXI secolo.

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Segnalo che su Metropolis è iniziata una discussione in merito al convegno, grazie al post dedicatogli da Gianni Di Gregorio (qui)