I cristiani in Iraq: diaspora annunciata?

Iraq. «Tutte le chiese e le organizzazioni cristiane e i loro capi sono un obiettivo legittimo dei mujaheddin», scrive Al Qaida in un comunicato internet. Torniamo dunque ad occuparci del medio oriente e del delicato rapporto tra alcune correnti dell'Islam e i cristiani che vivono oltre il mar Mediterraneo, in una terra non troppo distante da Roma, ma che in realtà sembra trovarsi all'opposto parallelo – o, forse, in un'epoca diversa, quando le spade e le lance si incrociavano anche a Roma per conflitti “di religione”. Una terra in cui, a quanto pare, continuano e persino si moltiplicano gli episodi di violenza e “persecuzione” contro la comunità cristiana. «Stanno dando la caccia ai fedeli cristiani in ogni quartiere della città», racconta ai giornali Emmanuel III Delly, patriarca caldeo di Baghdad. Ancora la falce contro la croce? Ancora guerre per il dominio delle anime? Monsignor Shlemon Warduni, vescovo cattolico di Baghdad, sostiene che attualmente l'obiettivo principale di Al Qaida è una vera e propria diaspora dei cristiani, che perderanno la vita se non lasceranno l'Iraq. Il 31 ottobre un attacco terroristico in una chiesa cristiana di Baghdad ha ucciso 58 persone; tra martedì 9 e mercoledì 10 novembre sono avvenuti contro i cristiani ben 14 attacchi a colpi di mortaio, che hanno riportato 6 morti e 33 feriti. Non mi spingo oltre.

Sarà dunque invasamento religioso? In un precedente articolo denunciavo «l'evidente intreccio tra religione e politica», che, con altri toni e per tutt'altre situazioni, sembrava caratterizzare «l'enorme distanza tra l'Europa e il Medio oriente»; ora, bene inteso che facili assimilazioni e collegamenti siano pericolosi e spesso azzardati, proviamo a rintracciare anche stavolta il possibile nesso tra la religione e la politica. Questa rinnovata scarica di mortaio e i morti cade difatti vicino alla data delle prossime elezioni (15 novembre), quando si formeranno delle coalizioni e dei partiti “democratici” - o, quantomeno, più democratici possibile. Non sto sostenendo un legame diretto di Al Qaida con le prossime elezioni, ma forse questi “avvertimenti” potrebbero non essere casuali e contenere un messaggio ben chiaro per gli iracheni e per il nuovo governo. Insomma, via a cristiani da qui! D'altronde ora che il regime di Saddam non ha più le mani sul paese, la situazione dei cristiani potrebbe paradossalmente peggiorare; non bisogna dimenticare che tendenzialmente i cristiani erano difesi e tutelati da Saddam sotto la protezione del suo vice, Tarek Aziz, cristiano, che aveva ottenuto un pubblico appoggio da queste comunità. A proposito, è lo stesso Tarek Aziz che il 26 ottobre scorso è stato condannato a morte per i suoi trascorsi nel governo Hussein. Insomma, il cerchio per i cristiani sembra in qualche modo chiudersi e a questo punto pare lecito porsi la questione sulla possibilità della loro permanenza in Iraq. Non solo, dovremmo inoltre chiederci : cosa sta facendo l' Europa per loro? Risposta facile e scontata.





*L'Islam dovrebbe diventare la religione di tutta l'Europa? - OfficinaOrtonaNews, numero 6, settembre 2010.

Commenti

Gianni di Gregorio ha detto…
Il post ha serie imprecisioni.
Dire “Tendenzialmente i cristiani erano difesi e tutelati da Saddam sotto la protezione del suo vice, Tarek Aziz, cristiano, che aveva ottenuto un pubblico appoggio da queste comunità” é un grave errore, é quello che si vuol far credere, ma non é la verità storica.
In IRAQ non é mai esistito il problema religioso per molti secoli, tanto che al tempo di Saddam lo Stato era laico (ora é ufficialmente mussulmano), ci sono decine di chiese cattoliche anche antiche. Il problema religioso é arrivato dopo, con la guerra santa di Bush Jr..
Inoltre, a parte poche eccezioni negli ultimi decenni, l’area mediorientale progressista (Libano, Egitto, Giordania, Palestina e Syria) non ha mai sofferto del problema religioso, tanto che ci sono luoghi dove storicamente sono presenti da secoli tutte le religioni. Un esempio su tutti: Aleppo in Syria.
Unknown ha detto…
Beh Gianni, di imprecisioni nell'articolo ce ne sono varie anche perchè non potevo che dare uno spaccato rapido della situazione, ma curiosamente non sono quelle che pensi tu! A leggerti, sembra che l'Iraq sia stato una sorta di paradiso terrestre, dove gli uomini vivevano in armonia e senza conflitti di religione finchè non giunse il mostro americano a distruggere tutto e a darci una visione distrorta dei fatti. Sù, per quanto non si voglia essere anti-americani, non ti pare che la tua lettura sia un tantino semplicistica e partigiana?

In realtà in passato di problemi religiosi in Iraq non ce ne furono granchè non perchè si viveva in una concordanza e in pace, ma perchè - dopo la prima islamizzazione, mi sembra intorno al 700 - quella zona fu sempre islamica, anche sotto i domini mongolo e ottomano. Tuttavia non limitiamoci al problema religioso anche perchè mi sembra di aver cercato di suggerire una lettura, come dire, su due zampe dei fenomeno di intolleranza anti-cristiana a cui siamo assistendo in questi giorni:

- il primo piede è l'interpretazione che alcuni gruppi (che oggi chiamaremo estremisti) fanno della religione islamica e della missione di islamizzaizone del mondo intero. Benchè, a quanto ne sappia, non esista un centro o un'organizzazione centralizzata, è evidente che una buona percentuale di attività terroristica è legata a questo tipo di concezione religiosa. Ecco perchè in questo senso il problema si pone come socio-religioso.

- il secondo piede è i legame tra quel tipo di attività terroristica e gli ultimi eventi politici - dalla guerra fino alle elezioni, come cercavo di dire in chiusura del testo. E' chiaro che nell'analizzare la questione non possiamo sottovalutare il ruolo della presenza statunitense in Iraq, così come tutto il contesto di guerra civile con i curdi e di attività militare, che, aprendo un qualsiasi manuale di storia, ci rendiamo conto che è praticamente ininterrotta durante tutto il novecento. Insomma, il contesto politico del tutto particolare ha certamente un impatto importante anche su questi ultimi sviluppi anti-cristiani e per questo è bene leggere il fenomeno come socio-politico.

Riassumendo, quello che vorrei suggerire con l'articolo è una lettura religioso-sociale-politica, che troppo spesso viene ridotta ad una sola causa. Io tuttavia mi fermo qui: non sono uno storico, nè un sociologo, nè un esperto di storia delle religioni perciò posso aiutare ben poco i profesisonisti del settore; posso tuttavia cercare di impostare la questione e invitare tutti a non dimenticare che per interpretare correttamente la storia (anche contemporanea) è necessario mantenere una vista panoramica che tenga conto dei tanti fattori in gioco. E in questo caso, Gianni, i fattori sociali, economici e politici, che ho riassunto nei due tronconi (uno religioso e uno politico) sono molto più complessi del semplice ritrattino anti-USA che vuoi offrirci.

Grazie per l'occasione di approfondire e specificare alcuni passaggi! Seppur non molti scrivano sui commenti, alcuni amici e conoscenti mi hanno chiesto approfondimenti e fatto notare alcuni passaggi poco chiari che, spero, con questo commento vorrei aver risolto.

Un saluto.

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