I giovani marxisti degli anni '70
Lo scorso pomeriggio bazzicavo tra la biblioteca e l'aula dei seminari dell'Università di Stoccarda quando mi sono imbattuto in una piccola raccolta di saggi che mi colpì sin dalla copertina. Il titolo, a chiare lettere, recitava Internationale Marxistische Diskussion, Merve Verlag Berlin e la data di pubblicazione, benchè schiarita e poco leggibile, veniva tradita dalla carta ingiallita e un po' rovinata. Poco dopo mi accorsi di avere tra le mani un volume che era parte di una vera e propria collana di discussioni e riflessioni marxiste e che, data l'evidenza del frequente utilizzo, doveva essere molto conosciuta all'epoca e anche dagli studiosi degli anni successivi. Mi colpì subito la serietà e l'intraprendenza di un progetto come quello: le giovani penne più promettenti del marxismo scaricavano lì tutte le loro idee, gli strazi e gli slanci, in un'epoca europea davvero controversa ma vissuta intensamente. Tra questi volumi pescai il numero 33 perchè notai subito alcuni nomi di autori italiani, che, nonostante fossero in traduzione tedesca, venivano letti e studiati; insomma, a quei volumi contribuirono molte di quelle personalità che poi, nel bene o nel male, hanno segnato la storia politica e la filosofia politica italiane. Alcuni di essi sono rimasti nell'ambiente accademico, altri hanno partecipato attivamente agli scontri di quegli anni, altri sono rimasti fedeli alle loro posizioni, mentre molti le hanno via via mutate; ancora, alcuni hanno interpreso importanti carriere giornalistiche mentre altri ancora sono emigrati, loro malgrado, per problemi con la giustizia: faccio riferimento a Lucio Colletti, Lucio Libertini, Eduarda Masi, Mario Tronti, Adriano Sofri, Rossana Rossanda, Antonio Negri, Sergio Bologna, Massimo Cacciari, Lucio Magri, Giampiero Mughini, Ferruccio Gambino, Paul Ginsborg e altri ancora.
Cercherei a questo punto di prescindere dalle differenti e varie valutazioni esprimibili su ognuno di loro, dimenticandoci - per ipotesi - delle loro fortune o miserie, delle loro azioni e delle loro svolte ideologiche; ma, soprattutto, dimenticandoci di ciò che questi signori e signore rappresentano e cosa sono "diventati" oggi, a circa quarant'anni di distanza da quelle prime e timide pubblicazioni. Ebbene, se riuscite ad astrarvi da tutto questo forse potrete intendere le mie prime emozioni: sfogliando quei quaderni mi assalì una forte tristezza; e si badi, vi è noto come io abbia pochi punti in comune con quelle idee e quell'ideologia che prepotente si respirava tra quelle pagine "rosse", perciò non posso avanzare alcuna forma di nostalgia o facile idealizzazione. La tristezza scaturisce dal paragone con l'avvilente assenza di probletizzazione che regna nella politica attuale: ciò che, rispetto ad allora, oggi manca è forse proprio quella classe di giovani intellettuali che hanno il coraggio e la capacità di avviare e portare avanti un dibattito alto e proficuo. Ma forse sono ingiusto: ciò che manca, allora, è una struttura adeguata, un partito o una rivista come quella, uno strumento autorevole e riconosciuto che faccia esprimere le penne più argute e gli intellettuali più promettenti, che hanno il potere reale - e forse il dovere - di innovare le nostre istituzioni, sempre più appannaggio di poteri forti e, con tutto il rispetto del caso, "anziani".
Cercherei a questo punto di prescindere dalle differenti e varie valutazioni esprimibili su ognuno di loro, dimenticandoci - per ipotesi - delle loro fortune o miserie, delle loro azioni e delle loro svolte ideologiche; ma, soprattutto, dimenticandoci di ciò che questi signori e signore rappresentano e cosa sono "diventati" oggi, a circa quarant'anni di distanza da quelle prime e timide pubblicazioni. Ebbene, se riuscite ad astrarvi da tutto questo forse potrete intendere le mie prime emozioni: sfogliando quei quaderni mi assalì una forte tristezza; e si badi, vi è noto come io abbia pochi punti in comune con quelle idee e quell'ideologia che prepotente si respirava tra quelle pagine "rosse", perciò non posso avanzare alcuna forma di nostalgia o facile idealizzazione. La tristezza scaturisce dal paragone con l'avvilente assenza di probletizzazione che regna nella politica attuale: ciò che, rispetto ad allora, oggi manca è forse proprio quella classe di giovani intellettuali che hanno il coraggio e la capacità di avviare e portare avanti un dibattito alto e proficuo. Ma forse sono ingiusto: ciò che manca, allora, è una struttura adeguata, un partito o una rivista come quella, uno strumento autorevole e riconosciuto che faccia esprimere le penne più argute e gli intellettuali più promettenti, che hanno il potere reale - e forse il dovere - di innovare le nostre istituzioni, sempre più appannaggio di poteri forti e, con tutto il rispetto del caso, "anziani".
Commenti
soprattutto facebook, twitter e co. non permettono analisi approfondite e nemmeno di svilppare appieno un proprio pensiero: va bene la sintesi, ma non esageriamo!
senza contare che ogni cosa pubblicata su internet si perde nei meandri della quarta dimensione informatica.
ma ben vengano areee di discussione come questa!
Almeno così su due piedi mi sembra che il primo problema siano i problemi!
Nè a Destra nè a Sinistra ci sono più idee. A Destra, come gli avvenimenti odierni dimostrano abbondantemente, si vive nel culto (e nella difesa) del Grande Capo. Occorre difendere il Grande Capo, altrimenti vincono gli altri.
A Sinistra si vive, invece, nell'odio per il Grande Capo. Occorre abbatterlo a tutti i costi, senza avere troppe idee su cosa proporre "dopo".
Io dico che il Grande Capo dovrebbe dimettersi e sparire, ma questo non basta a costruire uno spazio di riflessione e discussione.
Dal mio punto di vista, occorre ricostruire una proposta culturale adatta ai nostri tempi, senza ritorni al passato.