Chi ha paura di Martin Lutero?
Questa sera vorrei finalmente toccare la delicata questione della riforma portata avanti da Martin Lutero a partire dal fatidico 31 ottobre 1517, quando, con l'affissione delle 95 tesi, la storiografia successiva ha ritenuto nata una nuova Chiesa. Lo spunto per questa breve trattazione arriva da una discussione con un amico, che privatamente mi confessava una sua opinione sul protestantesimo, che - dice - permetterebbe "a ciascun fedele di inventarsi il Dio a sua misura, come meglio gli aggrada". A tal proposito, credo che Lutero avrebbe avuto molto da ridire. Trovo, difatti, che questo giudizio sia frutto più di una convinzione, magari formatasi anche in base alla storia successiva, che di un'idea formatasi sull'analisi della realtà storica e delle intenzioni stesse di Lutero.
Dal punto di vista storico sappiamo bene il motivo per cui Lutero spingeva per un ritorno alla lettera della Bibbia: per lui, in realtà, quella mediazione clericale non era (più) una guida, ma, al contrario, era diventata man mano una lente colorata che storpiava il messaggio e dava un'immagine falsa del cristianesimo. Pur tralasciando le questioni legate alla corruzione e al denaro, certo una parentesi negativa e non il nucleo della questione, dobbiamo riconoscere che questa idea non era certo strana all'interno del panorama cristiano: già molti movimenti spirituali, soprattutto monastici – ambiente da cui proviene Lutero – lamentavano una certa “distanza” tra la Bibbia-che-si-legge e quella che-si-predica. Lo stesso San Francesco d'Assisi, forse offrendo un futuro assist, di certo da lui inaspettato, a molti movimenti poi giudicati ereticali, predicava la lettura dei vangeli sine glossa.
Quest'ansia di recuperare l'autentico messaggio della Bibbia e parallelamente una certa diffidenza verso un clero spesso impreparato o opportunista proviene da lontano e secondo me va interpretato come un moto di purificazione della Chiesa, non certo come un inattuale relativismo per cui Lutero avrebbe consegnato la Bibbia in pasto ai falsificatori. In realtà dal punto di vista di Lutero e di molti altri non solo nel 1517, la vera opera di falsificazione era già stata portata avanti da una certa Chiesa più interessata alla “moneta che suona nella cassa” che “a come si vadia al cielo” (per citare Galileo). La vera novità di Lutero, per cui proliferarono queste sue immagini luciferine, è tutta di opportunità politica: Lutero riuscì a tenere insieme tanto i ceti meno abbienti (ma non per questo meno bisognosi di spiritualità), sia l'alto mondo accademico, di cui stava sempre più diventando un autorevole esponente: Lutero rappresentò, più in generale, l'araldo della liberazione della terra tra le Alpi e il Reno, unita sotto i principi tedeschi, dall'influenza centralista della Chiesa di Roma.
Tuttavia, a differenza di quanto accaduto con i movimenti di Jan Hus e Wycliff, a cui Lutero viene spesso accostato durante le dispute, nel tempo la Chiesa non riesce ad ammorbidire i contrasti e così a reinglobare i "luterani" nel proprio grembo; questi, così, inizieranno a camminare con le proprie gambe verso altri (o simili) orizzonti spirituali. Ho inquadrato la vicenda storica e teologica della nascente Chiesa luterana - dai cattolici poi volgarmente chiamata "protestante" - non tanto per argomentare una possibile orto-dossia in Lutero né per confessare una mia simpatia, ma per far emergere come le cose vadano viste anche dall'altro punto di vista; e, se proviamo a metterci nella testa di Lutero, a me pare che quel movimento sia tanto più “cattolico” quanto più, appunto, vòlto a recuperare la “vera” spiritualità cristiana e l'universalità del messaggio del Cristo (come predicava Paolo!) dinanzi ad un mondo che lui giudicava, come dire, non all'altezza della Croce che portava sulle spalle.
Dal punto di vista storico sappiamo bene il motivo per cui Lutero spingeva per un ritorno alla lettera della Bibbia: per lui, in realtà, quella mediazione clericale non era (più) una guida, ma, al contrario, era diventata man mano una lente colorata che storpiava il messaggio e dava un'immagine falsa del cristianesimo. Pur tralasciando le questioni legate alla corruzione e al denaro, certo una parentesi negativa e non il nucleo della questione, dobbiamo riconoscere che questa idea non era certo strana all'interno del panorama cristiano: già molti movimenti spirituali, soprattutto monastici – ambiente da cui proviene Lutero – lamentavano una certa “distanza” tra la Bibbia-che-si-legge e quella che-si-predica. Lo stesso San Francesco d'Assisi, forse offrendo un futuro assist, di certo da lui inaspettato, a molti movimenti poi giudicati ereticali, predicava la lettura dei vangeli sine glossa.
Quest'ansia di recuperare l'autentico messaggio della Bibbia e parallelamente una certa diffidenza verso un clero spesso impreparato o opportunista proviene da lontano e secondo me va interpretato come un moto di purificazione della Chiesa, non certo come un inattuale relativismo per cui Lutero avrebbe consegnato la Bibbia in pasto ai falsificatori. In realtà dal punto di vista di Lutero e di molti altri non solo nel 1517, la vera opera di falsificazione era già stata portata avanti da una certa Chiesa più interessata alla “moneta che suona nella cassa” che “a come si vadia al cielo” (per citare Galileo). La vera novità di Lutero, per cui proliferarono queste sue immagini luciferine, è tutta di opportunità politica: Lutero riuscì a tenere insieme tanto i ceti meno abbienti (ma non per questo meno bisognosi di spiritualità), sia l'alto mondo accademico, di cui stava sempre più diventando un autorevole esponente: Lutero rappresentò, più in generale, l'araldo della liberazione della terra tra le Alpi e il Reno, unita sotto i principi tedeschi, dall'influenza centralista della Chiesa di Roma.
Tuttavia, a differenza di quanto accaduto con i movimenti di Jan Hus e Wycliff, a cui Lutero viene spesso accostato durante le dispute, nel tempo la Chiesa non riesce ad ammorbidire i contrasti e così a reinglobare i "luterani" nel proprio grembo; questi, così, inizieranno a camminare con le proprie gambe verso altri (o simili) orizzonti spirituali. Ho inquadrato la vicenda storica e teologica della nascente Chiesa luterana - dai cattolici poi volgarmente chiamata "protestante" - non tanto per argomentare una possibile orto-dossia in Lutero né per confessare una mia simpatia, ma per far emergere come le cose vadano viste anche dall'altro punto di vista; e, se proviamo a metterci nella testa di Lutero, a me pare che quel movimento sia tanto più “cattolico” quanto più, appunto, vòlto a recuperare la “vera” spiritualità cristiana e l'universalità del messaggio del Cristo (come predicava Paolo!) dinanzi ad un mondo che lui giudicava, come dire, non all'altezza della Croce che portava sulle spalle.
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A presto!
C.