Meister Eckhart, uno dei migliori lettori di Agostino

di Marie-Anne Vannier,  in La Vie spirituelle, n. 768, gennaio 2007, p. 73.
Traduzione italiana di Fausto Ferrari

Fra gli autori a cui Eckhart si riferisce, il nome di Agostino è quello che ritorna più spesso. Ed è ancora Agostino che Eckhart cita per introdurre il suo ciclo di sermoni sulla nascita di Dio nell’anima. Ora, l’osservazione di Agostino di cui egli si serve: “Che questa nascita si produca sempre, a che cosa mi serve se non si produce in me [1]?” non è fortuita, ma dà proprio il senso del suo ciclo di predicazione sul Natale. Più in profondità ci fa comprendere che Eckhart non cita Agostino soltanto per convenzione, come può fare ogni buon teologo medievale, ma piuttosto che trova nel vescovo di Ippona proprio il banco di prova del suo pensiero. D’altronde lo attesta lui stesso quando dedica a sant’Agostino uno dei primi suoi sermoni latini, pronunciato nella festa di sant’Agostino, o il 28 agosto 1302 o il 23 febbraio 1303; in esso egli lo presenta, mediante l’immagine del “vaso d’oro ornato di pietre preziose” [2], come la figura eckhartiana per eccellenza: quella dell’uomo nobile, che corrisponde al terzo punto del suo programma di predicazione, quale è presentato nel Sermone 53. Non soltanto, sottolinea Eckhart, sant’Agostino “è onorato a causa della nobiltà della materia (...). Era infatti un buon teologo, un logico di prim’ordine e un moralista eminente [3]”, ma inoltre “trattandosi del divino, emette le sue conclusioni in parte con l’aiuto delle conclusioni dei suoi predecessori, in parte mediante esempi presi dall'esterno, ma in parte egli contempla l’essere divino senza ricorrere ad alcun supporto materiale (...). Così il teologo è dotato di una duplice conoscenza: l’una in uno specchio e in enigma (1 Cor 13,12), l’altra in uno specchio e nella luce [4]”. Questo indica che Eckhart vede in Agostino un teologo e insieme un mistico, e con questo apre il dibattito sulla mistica di Agostino, che è stato ripreso al Congresso agostiniano del 1954 e al quale L’Encyclopedie saint Augustin fa spazio, consacrandovi un lungo articolo [5].

Nel Sermone tedesco 16b che è un po’ più tardo, Eckhart dice di nuovo che “sant’Agostino è paragonabile a un vaso d’oro forte e stabile che porta in sé la nobiltà di tutte le pietre preziose [6]” e ne allarga la prospettiva scorgendovi un paradigma per ogni essere umano. Come Agostino, ognuno può, infatti, diventare un “vaso spirituale”. Questa volta Eckhart fa un passo in più e spiega in qual modo Agostino sia stato un mistico e dunque come possa essere un paradigma per gli altri: è col vivere la filiazione divina partendo dalla attualizzazione dell’immagine di Dio in lui. Così Eckhart dice che “tutto ciò che il vaso spirituale riceve è della sua natura. La natura di Dio è di darsi a ogni anima buona e la natura dell’anima è di ricevere Dio, in ciò che l’anima nasconde di più nobile. Là l’anima porta l’immagine divina [7]”. Ora questa immagine che ha una dimensione trinitaria è prima di tutto l’immagine del Figlio. “Perciò soltanto è giusto un uomo che, senza guardare altrove, si dirige direttamente verso il Verbo eterno. In lui viene formata la sua immagine, ne riceve il riflesso nella giustizia. Un tale uomo riceve là dove il Figlio riceve, ed è lui stesso il Figlio [8]”. Questo è stato il caso di sant'Agostino ed egli esorta gli altri a vivere la stessa esperienza. In questo sermone Eckhart va all'essenziale e non espone ancora la dialettica dell’immagine con la quale svilupperà la sua antropologia, ma nondimeno dà all'immagine un posto centrale, nella misura in cui per essa si realizza la filiazione divina.

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[1] Sermon 101, Sur la naissance de Dieu dans l’âme, Paris, Arfuyen, 2004, p.35.
[2] Sir 50,9: citazione ispirata dalla lettura dalla Scrittura per la festa di S. Agostino nel messale domenicano dell’epoca.
[3] Trad. J. Hess, in La Vie spirituelle 722 (1997), p. 87.
[4] Ibid. p. 88.
[5] “Mystique”, Encyclopedie saint Augustin. La Méditerranée et l’Europe IVe – XXIe siècle, Paris, Éd. Du Seuil, 2005, p. 986-992.
[6] Trad. J. Ancelet- Hustache, Paris, Éd. Du Seuil, 1974, t. I, p. 149
[7] Ibid.
[8] Ibid., p. 151.

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