Nicola Cusano: anelare alla Sapienza significa essere edotti sull'ignoranza

E poichè [la Sapienza] è inesprimibile in ogni modo di parlare, non si può pensare alcuna fine di queste maniere di parlare, perchè essa è impensabile in ogni pensiero, essa, per la quale, nella quale, dalla quale tutte le cose sono. E non si devono stimare in alcun modo sapienti (possessori del sapere) coloro che ne parlano solo con la parola, e non per averla essi stessi assaporata. Per contro parlano della sapienza in quanto la sperimentano con gusto, quelli cioè che mediante essa sanno tutto nel senso di non sapere nulla di tutte le cose; infatti mediante la sapienza e da essa e in essa sussiste ogni sapere a sé cosciente. Essa stessa tuttavia, poiché abita nelle supreme altezze, non è gustabile da nessun sapore. Viene dunque gustata in modo non gustabile, poiché è ancora al di sopra di tutto l'assaporabile: al di sopra del sensibile, del razionale e dell'intelligibile. Ma ciò significa gustare non gustabilmente e da lontano, come quando si può chiamare anche un profumo una pregustazione non gustabile. Come cioè il profumo moltiplicato dalla cosa profumata e accolto in un'altra ci alletta a cercarlo, cosicché noi corriamo verso l'unguento nella scia del profumo degli unguenti, allo stesso modo l'eterna e infinita sapienza, poiché essa si riflette in ogni cosa, ci alletta, da una certa pregustazione dei suoi effetti, cosicché noi siamo portati verso di essa da un mirabile anelito. Poiché infatti essa è la vita dello spirito pensante, che ha una certa pregustazione insita essenzialmente, mediante la quale con tanta dedizione cerca la fonte della sua vita - che senza la pregustazione non cercherebbe, né, quando l'avesse trovata, saprebbe d'averla trovata - perché viene mosso verso di essa, la sapienza, come verso la propria vita. Ed è gioioso per ogni spirito ascendere costantemente all'origine della sua vita, per quanto sia inaccessibile. [...] E così avviene che l'inaccessibilità o l'incomprensibilità della sua vita sia la sua comprensione, oggetto di sommo anelito, come se qualcuno avesse un tesoro, dal quale attinge la sua vita, e giungesse fino a sapere che questo suo tesoro è innumerevole, imponderabile e immisurabile. Questo sapere l'incomprensibilità è il comprendere più gioioso e più desiderato, non invero in quanto si rapporta a colui che comprende ma al tesoro stesso della vita amatissimo, come se qualcuno ama qualche cosa perché suscita amore, costui è ricolmato di gioia per il fatto che si trovano in essa motivi infiniti e inesprimibili di amore. E questa è la più gioiosa comprensione da parte dell'amante, allorché comprende l'amabilità incomprensibile dell'amato. Se il suo amore si volgesse ad un amato comprensibile, non sarebbe di gran lunga tanto gioioso come quando gli consta che l'amabilità dell'amato è del tutto immisurabile, non finibile, non delimitabile con termini e incomprensibile. Questa è la comprensione più colma di gioia dell'incomprensibilità e l'ignoranza appassionatamente dotta, quando essa conosce a modo suo e, tuttavia, misurata sulla precisione, non conosce.

Nicola Cusano, De sapientia, p.9 tr. it. di G. Santinello

Commenti

Antonello ha detto…
Bella la dialettica tra sapere e non sapere, tra conoscere e non conoscere, fra gustare e non gustare. Una delle frasi più toccanti (forse per la mia situazione attuale) è la seguente: "E questa è la più gioiosa comprensione da parte dell'amante, allorché comprende l'amabilità incomprensibile dell'amato." Grazie, Andrea, della citazione. Qual è l'edizione da cui è tratto il brano?
Unknown ha detto…
E' un passo straordinario. Solitamente non riporto mai citazioni o passi d'autore, ma stavolta ti ho rubato il mestiere perchè mi è sembrata davvero una pagina da ricordare e la frase che citi è difatti una delle più pregnanti.

Sull'edizione non posso risponderti con precisione poichè ho trovato queste pagine citate in un testo che sto studiando:
K-H. Volkmann-Schluck, Niccolò Cusano. La filosofia nel trapasso dal medioevo all'età moderna tr. it. di G. Santinello, Morcelliana 1993
Ho preferito trascrivere direttamente da lì e non sono andato a controllare sul De Sapientia. Se hai la possibilità e la voglia, ti consiglio di leggere il testo di Volkmann-Schluck perchè è davvero illuminante. Ne vale assolutamente lo sforzo interpretativo perchè sono pagine di spessore e ad ampio respiro filosofico.

Grazie

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