Solidarietà?
Questa mattina un amico mi ha segnalato un testo interessante: si tratta dell'autobiografia di Andrea Gallo, "Angelicamente anarchico" uscita per la Mondadori. A mio avviso è importante sottolineare queste esperienze di vita impegnate nel sociale e nelle quali la solidarietà ha trovato spazio autenticamente. Il punto è che secondo me il termine "solidarietà" ha acquisito oggi delle sfumature veramente inautentiche - mi si passi la rigida opposizione - nel modo stesso attraverso il quale questo concetto passa nella società. Ad esempio spesso veniamo contattati da gruppi impegnati nella solidarietà o, dopotutto siamo nella società dei mass-media, assistiamo in Tv a campagne pubblicitarie che mirano ad una "sensibilizzazione" (perchè forse l'uomo sensibile non lo è già?) e che vengono impostate seguendo un sistema di convenienza e calcolo. Il sistema a cui sembrano soggiacere queste dinamiche appare essere quello dello scambio: Io ti dò un euro - ne basta uno solo! - e tutti insieme possiamo aggiustare determinate situazioni, aiutare determinate persone in difficoltà o costruire strutture importanti. A livello economico il discorso fila, tant'è che hanno inventato anche "l'8 per mille". Inoltre per invogliare tutti a partecipare si sottolinea come donando una quota minima si possa ottenere un risultato sproporzionatamente più grande. Non so se sono riuscito a spiegarmi: il timore è che questo sia solo un do ut des e che in realtà si riduca una situazione altrui ad un peso, dal quale possiamo scegliere di liberarci e censurarlo dalle nostre preoccupazioni donando una quota minima. E' dono questo? E' solidarietà? O piuttosto è l'ennesimo scambio? In questa cornice, una vita spesa come quella di Don Gallo e tanti altri, tra le difficoltà della nave Garaventa e delle comunità di recupero, emerge come autentica solidarietà e soprattutto come una delle possibilità di un'autentica vita cristiana.
Commenti
:)