Fede antica in un mondo nuovo

Pubblico questo discorso di Dag Hammarskjöld ad una radio newyorkese in cui esprimeva il proprio credo nell'agire politico e le proprie convinzioni religiose e filosofiche. Mi sento di condividere in pieno i principi e i contenuti che lo guidano e penso che uomini così, ahimè, manchino da troppo tempo sul suolo della nostra Europa.


Il mondo in cui sono cresciuto era dominato da princìpi e ideali di un tempo lontano dal nostro e, potrebbe sembrare, estremamente distanti dai problemi che stanno davanti all’uomo della metà del XX secolo. Ciononostante il mio cammino non ha significato un abbandono di questi ideali. Al contrario, sono stato condotto a una comprensione della loro validità anche per il nostro mondo d’oggi. Così, uno sforzo mai abbandonato, teso a costruire con franchezza e lealtà una convinzione personale alla luce dell’esperienza e di una riflessione onesta, mi ha portato a chiudere il cerchio: riconosco ora e confermo, senza riserve, quelle stesse convinzioni a suo tempo tramandatemi. Da generazioni di soldati e di uomini di governo della mia ascendenza paterna ho ereditato la persuasione che nessuna vita dava maggiore soddisfazione di una vita di servizio disinteressato al proprio paese e all’umanità. Questo servizio richiedeva il sacrificio di ogni interesse privato, ma nel contempo il coraggio di battersi fermamente per le proprie convinzioni. Dagli studiosi e dai pastori luterani della mia ascendenza materna ho ereditato la convinzione che, nel vero senso dell’evangelo, tutti gli uomini sono uguali in quanto figli di Dio e devono essere accostati e trattati da noi come i nostri signori in Dio.

La fede è uno stato della mente e dell’anima. In questo senso possiamo comprendere le parole del mistico san Giovanni della Croce: «La fede è unione di Dio con l’anima». Il linguaggio della religione è un insieme di formule che registrano una basilare esperienza spirituale. Non deve essere considerato come una descrizione, in termini da definirsi filosoficamente, della realtà accessibile ai nostri sensi e che possiamo analizzare con gli strumenti della logica. Ho compreso tardi cosa questo significhi. Quando ci sono finalmente arrivato, le convinzioni nelle quali ero stato un tempo educato – e che in effetti avevano dato alla mia vita una direzione anche quando il mio intelletto metteva ancora in dubbio la loro validità – sono state da me riconosciute come mie nella loro giustezza e secondo una mia libera scelta. Sento di poter confermare queste convinzioni, senza alcun compromesso con le esigenze di quell’onestà intellettuale che è la chiave stessa della maturità della mente.

I due ideali che hanno dominato il mondo della mia infanzia mi hanno portato a incontrare, in completa armonia e rispondenza alle esigenze del nostro mondo di oggi, l’etica di Albert Schweitzer, in cui l’ideale del servizio deriva dall’atteggiamento verso l’uomo delineato negli evangeli e ne costituisce il fondamento basilare. Nel suo pensiero ho anche trovato la chiave che apre all’uomo moderno il mondo degli evangeli.

Ma la spiegazione di come l’uomo debba vivere una vita di servizio attivo verso la società in completa armonia con se stesso come un membro attivo della comunità dello spirito, l’ho trovata negli scritti di quei grandi mistici medievali per i quali «la sottomissione» è stata la via della realizzazione di sé e che hanno trovato nell’«onestà della mente» e nell’«interiorità» la forza di dire sì a ogni richiesta che i bisogni del loro prossimo mettevano loro davanti, e di dire sì a qualsiasi destino la vita avesse in serbo per loro quando hanno risposto alla chiamata del dovere così come l’avevano intesa. L’amore – questa parola così abusata e fraintesa – per loro significava semplicemente un sovrappiù di forza di cui si sentivano interamente colmati quando cominciavano a vivere nell’oblio di sé. E questo amore trovava naturale espressione in un compimento senza esitazione del dovere e in un’accettazione senza riserve della vita, qualunque cosa essa recasse loro personalmente in fatica, sofferenza, o felicità. So che le loro scoperte sulle leggi della vita interiore e dell’azione non hanno perso il loro significato.

Commenti

AndreaCati ha detto…
Bellissimo il brano riportato, sembra di provenienza medievale; invece è qui, nel xxi secolo, ancora a testimoniare qualcosa che, tra battute d'arresto e provocazioni, credo non potrà mai morire.
Penso che l'unica via per aprirsi a Dio sia con la fede, la speranza e la carità; gesti immensi e, per me, a volte troppo più grandi della mia forza.
Compiere il salto non è facile.