Biografia e/o pensiero?
Chiunque si trovi ad affrontare il pensiero di un autore, dovrà inevitabilmente prendere posizione su questa difficile questione. A vostro avviso, quanto e in che senso conta la biografia di un autore per comprenderne il pensiero? Quanto gli eventi mondani e quotidiani possono vantare una qualche influenza ed essere considerati determinanti? La domanda può sembrare frutto della manìa accademica di precisare ogni passo e rendere rigoroso il metodo adottato, spesso anche più del dovuto, ma, in realtà, credo si tratti di una questione fondamentale, non solo per chi scrive di "professione". Ora, è evidente che gli accadimenti della vita influiscono le proprie idee, ma la questione posta è radicale: quanto gli eventi determinano l'approccio del pensatore ad un determinato tema/argomento etc.? Un esempio. Un'argomentazione tipica riguardo il "pessimismo" di Leopardi è quella per cui buona parte del suo pensiero sia stata determinata dalla salute cagionevole e dall'orribile - così si dice - aspetto fisico, al punto che, probabilmente, se non avesse vissuto questo tipo di vita, "l'Infinito" non sarebbe mai venuto alla luce. Questo tipo di risposta è tipica di un approccio empirista e fa appunto riferimento ad una stretta connessione tra gli eventi della biografia e il pensiero.
Ovviamente non è detto che questa connessione sia sempre declinata in maniera meccanica e va da sè come, all'interno di questo filone interpretativo, si presentino posizioni affini ma con sfumature differenti. Il contraltare all'empirismo, è, al solito, l'approccio idealista, secondo il quale non vi è nessuna connessione sostanziale tra la biografia e il pensiero di un autore; l'idealismo pone l'accento sull'essenza "eterna" dell'uomo, considerando la vita "mondana" come accidentale e mutevole. Da questo punto di vista, il pensiero è semplicemente il luogo del disvelarsi dello Spirito e poco conta se Leopardi abbia amato una o venti donne, poichè tutto ciò attiene alla dimensione transeunta. Si narra che quando Martin Heidegger dovette presentare ai suoi alunni dell'università di Frigurbo la figura del filoso Aristotele, pensò bene di liquidarne la pur ricca biografia, con questo adagio: «nacque, visse, morì». Ogni studioso si trova dinanzi ad un bivio: l'approccio idealista o l'approccio empirico, terzium non datur. Entrambi sono legittimi, basta dichiararli esplicitasmente ad inizio lavoro.
Ovviamente non è detto che questa connessione sia sempre declinata in maniera meccanica e va da sè come, all'interno di questo filone interpretativo, si presentino posizioni affini ma con sfumature differenti. Il contraltare all'empirismo, è, al solito, l'approccio idealista, secondo il quale non vi è nessuna connessione sostanziale tra la biografia e il pensiero di un autore; l'idealismo pone l'accento sull'essenza "eterna" dell'uomo, considerando la vita "mondana" come accidentale e mutevole. Da questo punto di vista, il pensiero è semplicemente il luogo del disvelarsi dello Spirito e poco conta se Leopardi abbia amato una o venti donne, poichè tutto ciò attiene alla dimensione transeunta. Si narra che quando Martin Heidegger dovette presentare ai suoi alunni dell'università di Frigurbo la figura del filoso Aristotele, pensò bene di liquidarne la pur ricca biografia, con questo adagio: «nacque, visse, morì». Ogni studioso si trova dinanzi ad un bivio: l'approccio idealista o l'approccio empirico, terzium non datur. Entrambi sono legittimi, basta dichiararli esplicitasmente ad inizio lavoro.
Commenti
:)
Il perno mi pare sia un po' la vecchia questione del milieu. E' tanto vero che i pensieri non vengono da decisioni conscie del soggetto, quanto è vero che non vengono dalle condizioni socio-politiche. E' per uscire da queste alternative strette che Heidegger pensava (era "chiamato a pensare) la "Geschichte" (storia-destino-invio) dell'essere. A differenza di una fenomenologia dello spirito idealista, che prescrive una progressiva presa di coscienza dell'idea a cui tende il divenire, qui c'è un velarsi-svelarsi misterioso e che chiama ad una interpretazione (circolare, mai definitiva, legata a doppio filo con il linguaggio) che è il destino stesso a cui si è chiamati.
:D