San Patrizio: modello straordinario di predicatore e sapiente

« Sia la strada al tuo fianco e il vento sempre alle tue spalle,
che il sole splenda caldo sul tuo volto
e che la pioggia cada sempre dolce nei tuoi campi,
e, finché non ci incontreremo di nuovo,
possa Dio proteggerti, nel palmo della sua mano. »
(Benedizione di S. Patrizio ai viaggiatori irlandesi)


Maewyin Succat, poi monaco e vescovo Patrizio, nacque in Scozia in una antica familia di origine romana, alla fine del IV secolo d.C., probabilmente intorno al 385, e morì a Downpatrick il 17 marzo 461. In linea con tutta l'usanza tardo-antica e medievale, di San Patrizio conosciamo la data di morte - poichè era vista come un vero e proprio passaggio verso il Regnum - e non precisamente la nascita. Patrizio, si diceva, intraprese la strada dell'evangelizzazione nel periodo della grande diffusione della Chiesa Cattolica, che negli stessi anni stava salutando, con il vescovo Agostino d'Ippona, la caduta del glorioso Impero Romano, colmo di irrazionalità pagane e superstizione; famosa è l'invettiva di Agostino nel De civitate dei, durante la quale racconta il Sacco di Roma perpetrato dai Goti di Alarico, leggendolo come una "divina" punizione per una situazione politica oramai alla deriva. La fine dell'Impero non tardò e nel 476 il "barbaro" Odoacre depose Romolo Augustolo, dando vita, tra l'altro, all'epopea dell'Italia divisa, conclusasi solo nel 1861.

Durante questo periodo di crisi e di sconvolgimento politici e religiosi, un monaco scozzese, poi consacrato Vescovo in Francia, fu inviato nelle terre d'Irlanda per evangelizzare la popolazione dei Celti, che negli ultimi anni si erano rinchiusi nell'isola britannica. A dispetto delle dimensioni "isolane", i Celti in passato goderono di una grande quantità di terre: tra il V e il III sec. a.C., il territorio celtico si estese fino alle Alpi e, seppur con un'organizzazione totalmente decentralizzata, i Celti controllavano buona parte dell'Europa Occidentale. L'espansione fu arrestata dalle conquiste romane di Cesare - contro i Galli, appunto, popolazione celtica - e da allora non riuscirono più a tendere le mani verso il continente. Già leggendo i resoconti di guerra del giovane Cesare nel De bello gallico, certamente parziali e con il chiaro intento di costruire il mito del grande generale, si nota come, tutto sommato, i Celti fossero percepiti come popolazioni primitive: Cesare li descrive come guerrieri biondi e dagli occhi chiari, feroci e con usanze macabre; erano racchiusi in dei villaggi con una struttura sociale di tipo patriarcale, nella quale erano ben distinte le classi sociali - produttori, guerrieri e sacerdoti. I Celti erano inoltre legati a tradizioni antiche e riti oramai in disuso tra i romani e difatti il villaggio era ripiegato intorno alle misteriose figure dei druidi, sciamani in grado di scorgere gli altri e indirizzare le forze naturali, che in società avevano il classico ruolo di guide spirituali e politiche; avevano una concezione fortemente naturalistica e facevano riferimento ad una precisa mitologia e a forze naturali che permeavano l'universo.

San Patrizio fu inviato in un contesto del genere a portare il messaggio evangelico, il messaggio di un uomo morto in Croce che predicava amore e fratellanza. Il dato interessante è il modo con il quale intervenne nell'ambiente celtico: nè conquista armata (come accadde in america circa 1000 anni dopo) nè il tentativo di fare tabula rasa della religione e delle istituzioni. Patrizio giunse in Irlanda e fondò monasteri, portando il messaggio cristiano nel sua integralità, da un lato senza scendere a patti con le istituzioni politiche, avendo come obiettivo la spiritualità cristiana e dall'altro cercando di trovare il proprio spazio all'interno di una tradizione antica. sarebbe stato facile proporsi come il novum rivoluzionario, come ciò che arriva e distrugge il passato; ma San Patrizio capì che i valori della tradizione non sono massi da gettare a mare ma, piuttosto, pietre sulle quali costruire una Chiesa, che sappia anzitutto parlare alla gente comune. Patrizio riprese il vecchio simbolo della Croce Celtica, purtroppo usato in luoghi volgari nel XX secolo, e lo utilizzò in senso cristiano: è la koinè del cerchio pagano (il sole) e della croce Cristiana, la sintesi del movimento dell'eterno mutare del cerchio e l'unione della traccia verticale della croce (la tracendenza) e di quella orizzontale (il mondo); allo stesso modo staccò un trifogli dalla terra e spiegò come le Tre Persone sono distinte eppure Uno. Lasciò intaccata l'istituzione dei villaggi e coltivò la spiritualità nei monasteri, cercando di attivare una coscienza religiosa popolare che sapesse far convinvere la tradizione alla novitas cristica. Tanti monaci lo seguirono e da quei giorni tante preghiere si levarono al Cielo d'Irlanda, puntando, come il navigatore alla stella polare, a quel modello straordinario di predicatore e sapiente.

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