Il male

Nell'intervento precedente riflettevo «Sull'inizio» legando il piano, per così dire, logico-teoretico al piano individuale «dell'anima». Oggi vorrei tentare di seguire lo stesso schema argomentativo prendendo spunto da una breve intervista rilasciata da un «esorcista» che vi invito a leggere sul sito dell'Ansa e che curiosamente riguarda alcuni avvenimenti prettamente mondani come la crisi Alitalia o l'attuale recessione. Padre Amorth è stato molto discusso per le sue posizioni in ambito ecclesiastico e ovviamente nel merito non entro poiché non ho nè competenze nè, soprattutto, interesse. Le affermazioni dell'«esorcista», certo scremate dal tono carnevalesco e dal taglio reazionario, mi sembrano di rilievo perchè sollevano questioni decisive come il problema del male o della libertà e che giocano sui due livelli prima segnalati, logico-teoretico e individuale. Paradossalmente, ma neanche troppo, la radicalità delle affermazioni risulta molto poco «medioevale» e superata poiché ci pone dinanzi alle questioni in maniera ineludibile e senza sofismi, di contro ad una filosofia o persino teologia «debole» intenta più a circumnavigarle che ad affrontarle. La sostanzialità o meno del male, la sua individuazione nel mondo e nelle realtà e il nesso tra il soggetto e il male metafisico stesso rimangono oggi problemi aperti e dal tono ineludibile. In altre occasioni ho avuto modo di esprimere la mia posizione sulla questione e pertanto stavolta non ho intenzione di spostare la rotta verso me stesso, da bravo Narciso, e così tradire l'invito a pensare faccia a faccia con queste problematiche: nella storia del pensiero il problema del male è stato affrontato variamente e per un riflessione di valore che non sia semplice ripetizione lascio coerentemente aperta la questione e attendo da voi un «inizio».

Commenti

Anonimo ha detto…
Intervento interessante. Concordo in linea di massima con quanto vai sostenendo. Si tratta di tematizzare problemi d'importanza fondamentale soggiacenti ad un'epidermide espressivo-linguistica non sempre fortunata in termini retorico-ricettivi.E' qui sta l'intelligenza filosofica: cogliere l'analogia strutturale e funzionale tra piani teorici di segno diverso, non facendosi irretire o allontanare da un registro lessicale reazionario, magico o demodé. C'è non di rado un'ermeneutica di stampo positivista e dialettico-illuministica nell'accezione dei francofortesi che ci spinge a leggere e a valutare un testo o un discorso in base all'indice di frequenza di termini inscritti in quella che si reputa la nuova tradizione o il nuovo stato teorico.
Sì è vero e sinceramente non riesco ad adattarmi a quel tipo di falsa filologia(?). Troppo spesso vien fatta passare per filosofia ma in realtà è solo un guardare alla superficie. Riallacciandomi con quanto scrivevi sulla capacità di non farsi irretire da un linguaggio demodè mi viene in mente quanto Platone rimproverava agli scettici: Voi vi ostinate a guardare con gli occhi, io vi dico che bisogna guardare con la mente.
Grazie Jon
Anonimo ha detto…
Sarebbe interessante vedere quanta gente crede davvero a ciò che si legge in quell'articolo. Sarebbe interessante anche vedere quanto ci crede colui che ha pensato ciò che vi è scritto. Credo che questo sia uno degli argomenti che lasciano trasparire la falsità delle persone che si nascondono dietro a tutti gli avvertimenti di pericoli soprannaturali. Il male, satana... del resto perchè meravigliarsi, molti hanno profettizzato la fine del mondo e ancora più gente si è venduta tutti i suoi averi perchè ci hanno creduto... assurdo.

Antonio
Antonio tu inserisci una componente di non poco conto nella discussione ovvero il "credere", ma lo utilizzi nel senso più basso, forse più letterale, nello stesso senso che i medioevali identificavano con il termine credulitas. Effettivamente ad una lettura in cui è assente quell'intelligenza filosofica prima richiamata ben si abbina una reazione umana di credulitas, come corrispondente superficiale della fides. Mi preme molto questa dimensione perchè effettivamente è uno dei fil conduttori di tutta la storia del pensiero religioso: quanto le varie interpretazioni o letture superficiali sono passate nel bagaglio culturale cristiano e quanta capacità di recuperare il fondo abbiamo? Che poi in realtà è il problema della religione popolare di cui parlava, tra gli altri, Hegel. Ma al tuo intervento soggiace una domanda inquietante: quanto la Chiesa stessa miri a conservare quella tendenza alla superficie, alla lettura "dell'epidermide" (come la chiamava Jon)? A questa domanda non so rispondere perchè da un piano descrittivo saltiamo su congetture riguardanti l'intenzionalità altrui, dell'esorcista o della Chiesa. Fatto sta, è vero, che dinanzi alla pregnanza del sacro quella credulitas sembra davvero "falsità", tanto più nella misura in cui quel sacro oggi è nascosto nel sottobosco. Ma forse non è neanche tutto così scontato.
Anonimo ha detto…
Io penso che ognuno possa credere in ciò che vuole. Certo è una questione di fede, ma in che cosa mi domando io? Il grave problema è che certe affermazioni, come quella dell'articolo, mirano a colpire l'ignoranza, guadagnandone consenso. Questo è ciò che non ammetto, ma per il credere, per le fede, non biasimo nessuno. Credo che ci sia bisogno di una certa spiritualità nella vita, ma non bisogna credere in tutte le sciocchezze.

Antonio