In te ipsum redi

Ultimamente sto dedicando poco tempo alla cittadella. La verità è che sto accusando un po' di stanchezza: gli impegni mi stanno spossando, siano essi i più sentiti oppure i meno rilevanti. Eppure è proprio questa continua dynamis a tenerci vivi, a render possibile ogni giorno il nostro sentirci al mondo. Troppo spesso mi capita di pensare che il lavoro, lo studio e tutto ciò che realmente l'uomo produce sia soltanto una risposta al suo bisogno di sentirsi vivo, lontano dalla pietra inerte. Ho utilizzato il termine produzione perchè considero l'agire umano un continuo produrre, che sia esso materiale, ossia nello spazio e nel tempo, oppure che sia immateriale, ossia nel tempo, dispiegato come una lunga chiacchierata o come uno splendido romanzo. Splendido perchè al fondo c'è sempre lei, la Bellezza che tutto governa e nella quale ordine l'uomo stesso è impigliato, quasi costretto. Costretto a vivere il molteplice rovinoso dei propri giorni, il molteplice tedioso degli impegni quotidiani, del susseguirsi stanco di quella non-vita, di quella divisione continua. Ma tutto sta a saper vedere la Bellezza, a saper coltivare la cittadella. Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

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