Smisurata preghiera

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Questo minuto è tratto da Otello, di P.P.Pasolini e penso riassuma bene il dramma della domanda di Otello, "cos'è la verità?". Da notare la risposta del burattinaio, il nostro burattinaio. La smisurata preghiera di oggi è un grido rivolto al mondo: non offuscate quella richiesta, quel bisogno della vostra ragione.

"Quella è la Verità, ma... schh non bisogna nominarla, perchè appena la nomini, non c'è più"

Commenti

Anonimo ha detto…
Innauguro i commenti!
Ancor più problematica è la domanda seguente: chi è il responsabile?
Girard ha fondato un intera teoria antropologica e di esegesi biblica sull'idea che il capro espiatorio sia il primo mezzo di sopravvivenza dell'uomo. Forse è così.
In realtà il mio intento era di sfruttare questo pezzo dell'Otello per richiamare quella tematica specifica, ma visto che mi stimoli sul finale del film non posso che risponderti entusiasta:

Lessi La violenza e il sacro(1972) lo scorso anno e ricordo distintamente buone parti del libro perchè mi avevo colpito molto. Il film di Pasolini non so fino a che punto possa portare a Girard, perchè (probabilmente) lì il nostro P. aveva intenzione di evidenziare il perverso intreccio di relazioni della nostra società, mettendo in scena la fusione dei 3 piani di rappresentazione:
1) rappr. teatrale dell'Otello
2) rappr. vita delle marionette, separate dal loro ruolo scenico
3) rappr. del pubblico che assiste solo alla rappr. dell'Otello
Senza dimenticare un 4° piano, ovvero quello di noi spettatori del film.

Quindi, in qualche modo, P. sfiora l'antropologia, è vero, tuttavia la riflessione di Girard mi sembra che abbia altri lidi, altre aspettative e davvero si dipani oltre i richiami del film, soprattutto nel tratto "sacrale" che tu stesso hai giustamente richiamato prima, "fondo dell'anima" (secondo la tradizione cristiana), non banalmente inconscio freudiano.


Alberto, grazie mille per il commento, sempre puntuale e stimolante.
Anonimo ha detto…
Sono piani diversi, però in pasolini c'è molto di antropologico basti pensare alla medea, all'edipo dove alla critica diciamo politica/sociale si somma un'analisi proprio dell'uomo, della sua razionalità e irrazionalità, della poesia, della colpa, del mistico (vangelo secondo matteo) eccetera a volontà!
Essì alberto, è proprio ciò che rende P. un grande autore. Del Vangelo ne avevamo già parlato, così come della sua affinità a Nietzsche. Pasolini ha sicuramente un retroterra religioso molto forte: il suo marxismo è legato indissolubilmente alla religiosità popolare contadina e al valore della tradizione, non solo a livello politico e sociale ma, appunto, antropologico. Anche Nietzsche d'altronde aveva ricevuto un'educazione religiosa, pertanto un parallelo trai due "misticismi atei" sarebbe una ricerca molto interessante.


Purtroppo questa non è la sede adatta anche perchè sarebbe un modo efficace per "spaventare" gli amici non-filosofi, con i quali mi scuso in anticipo eheh
Anonimo ha detto…
"Cosa senti dentro di te? Concentrati bene. Cosa senti, eh?"
"Sì sì qualcosa si sente"
"Quella è la verità"

Il recupero del "sentire dentro" o forse meglio dell'intuizione di sè stessi mi fa pensare a due problemi

1- qual è la validità di tale esperienza come via per toccare la "verità di me"

2- qual è la validità di tale esperienza come criterio dell'agire (dato in particolare che Otello qui sembra essere proprio alla ricerca di una risposta su cui plasmare il suo agire)
Anonimo ha detto…
Credo che il modo in cui il soggetto può conoscere se stesso non è mai diretto,l'osservazione di sè stessi presenta grandi ostacoli;il modo migliore suggerisce Aristotele è guardare l'altro,cosi è come se fossimo oggettivati all'esterno;quest'altro però deve essere simile a noi per carattere morale per quello in cui crede,per quello in cui spera;Questo è il ruolo della philia,che è costitutivo per una vita felice;non credo sia il modo migliore per arrivare a toccare la verità di me, si potrebbe intercorrere in un rischio:Diventare com Narciso.
Recupero la prima domanda di Carmine (anche perchè la seconda ne è il riflesso etico) perchè è una questione che mi ha sempre affascinato. Esiste un via autentica della percezione della "verità di sè" (ovvero che non cada nè nella meccanica dei sentimenti nè nel solipsismo -maya-)? Prima di andare avanti vorrei sottolineare una cosa: questo approccio presuppone che
1) esiste una verità, unica, inconfutabile e intollerante.
2) questa verità è (anche) in me
3) io posso approcciare la verità proprio perchè in me

Questo schema "platonico" mi è molto caro, ma è davvero poco "moderno".
Vorrei sentire alberto e ovviamente, carmine e maya, nonostante la citazione di Aristotele.
Mino ha detto…
purtroppo non ho visto il cortometraggio ma cercherò di rimediare il prima possibile. attenendosi al visto e senza trascendere con la ragione, appare chiaro che si parla di verità. La verità non credo possa essere considerata un concetto, vorrebbe dire inscatolarla, possederla. un termine che possiamo accostare alla verità può essere esperienza? non credo ci siamo ancora. il problema è che la verità "appena la nomini non c'è più". Questioni di linguaggio, che sia esso la causa dei conflitti e contrasti tra popoli e persone??