Come il Maestro

Oggi volevo prendere spunto da una citazione di Charles De Foucauld che stamattina ho trovato sul blog dell'amico Carmine Miccoli, "...In purissima follia!" e che tratta di unione con il Cristo. Il tema Cristologico è, come prevedibile, il primo riferimento della mistica cristiana, nella quale quelle scale di visione e quelle tematiche paradossali che presero piede nella tradizione mistica "pagana", si affiancano alla buona novella del Cristo, il cui exemplum venne indicato come modello di vita santissima. L'accento fortemente etico che molti autori medievali hanno posto sulla buona novella traspare anche nelle righe degli scritti di Charles Eugène de Foucauld, recentemente beatificato da papa Benedetto XVI.
“La perfezione sta nell’essere come il Maestro… Il nostro Maestro è stato disprezzato, il servo non deve essere onorato; il Maestro è stato povero, il servo non deve essere ricco; il Maestro ha vissuto col lavoro delle sue mani, il servo non deve vivere con le proprie rendite; il Maestro andava a piedi, il servo non dovrebbe andare a cavallo; il Maestro stava in compagnia dei picco­li, dei poveri, degli operai; il servo non deve stare insieme ai grandi signori; il Maestro è passato per un operaio, il servo non deve passare per un gran personaggio; il Maestro è stato calunniato, il servo non deve essere lodato; il Maestro è stato mal vestito, mal nutrito, male alloggiato, il servo non deve essere ben vestito, ben nutrito, bene al­loggiato; il Maestro ha lavorato, si è affaticato, il servo non deve riposarsi; il Maestro ha voluto apparire piccolo, il servo non deve voler apparire grande… ”

Charles De Foucauld
Il brano rende manifesto come l'atteggiamento di Charles sia di totale aderenza all'esempio storico del Cristo. La sequela Christi è qui radicale. Tuttavia a mio modo di vedere siamo ancora su un livello orizzontale. Dal mio punto di vista - e da quello dei miei autori di riferimento - l'esempio del Cristo costituisce sì la guida massima e perfetta di vita cristiana, ma l'esercizio di quella virtù non coincide certo con la visione di Dio. L'esercizio delle virtù occupa un gradino ben preciso, costituisce una disposizione ben determinata, ma l'anima attende ancora di essere elevata e di toccare Dio. La critica che vorrei muovere a questo passo è quella di essere "eccessivamente" Cristico. Ossia, il richiamo del Cristo alla povertà e alla solitudine non indica tanto una povertà e una solitudine materiale o esteriore; il Cristo non ha mai elogiato la povertà o la vita eremitica ma si è mosso su un piano ulteriore: sii povero di Spirito, non povero nella carne! Ecco che il distacco non va tanto esercitato sulle cose materiali - ben inteso che la disposizione va curata aderendo alla vita del Cristo - bensì nello Spirito. La povertà è povertà delle passioni, dei pregiudizi, delle incrostazioni "umane troppo umane" che appesantiscono l'anima. La solitudine non è il fuggire l'uomo ma saper stare "da solo", fare i conti con la propria anima e saper scendere in quella cittadella interiore che ognuno ha in sè. Allora divenire il Cristo, realizzare l'unione mistica, non consiste solo nell'esercitare il distacco materiale bensì significa muoversi su un piano decisamente più alto - e, al contempo, più "basso", ossia più vicino al "fondo" dell'anima. E' bene tenere distinti il mezzo e il fine: l'esercizio delle virtù francescane può certo aiutare la visione ma non si tratta del vero distacco, che anela ad un piano ulteriore.

Commenti

Unknown ha detto…
Non sono d'accordo, Andrea.
La tua è mistica speculativa, non mistica pura e semplice.
Lo è,invece, semplice e mistica, quella di Charles de Foucauld.
Se Cristo ha detto "Ti ringrazio Padre (...) perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli", significa che piccoli davvero (e non metaforicamente) bisogna essere o diventare.
Grazie Salvatore. Sì, accetto con interesse il richiamo: la mia è mistica speculativa. Comprendo la tua posizione e intepreterei quella stupenda frase di Paolo così come ho interpretato il passo di Charles de Foulcauld, indicando come quel "piccolo" sia un piccolo "interiore". Non credo tuttavia che discutere su quale sia "davvero" la mistica, se quella speculativa o quella d'amore - per restare nella distinzione classica - oppure questa radicalmente cristica, "pura e semplice", come scrivi te. Io credo che se lo sguardo è rivolto lì, a quel Presupposto non predicabile nè intellegibile di cui poi entrambi parliamo, qualsiasi via esperità sia adeguata.

Uno spunto interessante che pone questo tuo intervento è sul rapporto tra mistica speculativa, mistica "pura e semplice" e gnosi. Ahimè, non sono ancora pronto per affrontarlo. :)
sgubonius ha detto…
San Giovanni della Croce evidenziava proprio due livelli di "purificazione": uno dal materiale, e uno dallo spirituale. Il primo è una grazia non sufficiente, in quanto ancora si è schiavi del proprio io e della propria regola di vita. Che non sia la sapienza a raggiungere l'unione con Dio è proprio quanto rende insufficiente la sola privazione materiale, dato che essa viene surrogata nei beni intellettuali.

Qualche ambiguità mi pare rimane anche quando si parla di "cittadella interiore" o in generale per tutta la questione dell'interiorità (in Agostino mi pare soprattutto). Perché Dio dovrebbe stare in fondo all'anima, nel vero io? Piuttosto si dovrebbe sfondare ancora oltre ogni forma e individuazione. Nel post precedente accennavi ad un "uomo nuovo dello spirito", ma parlare ancora di spirito e di uomo dopo l'ek-stasis è ambiguo, sembra quasi una ricaduta in un patteggiamento col mondano. Si può parlare, in termini solo negativi, di oltre-uomo magari!!!
Anonimo ha detto…
"Chiunque ama vuole imitare, è il segreto della mia vita".

(Ch. de Foucauld)
Alberto: Perchè Dio dovrebbe stare nel fondo dell'anima? Eh, Dio è il fondo dell'anima. Ci vorrebbe una tesi di laurea appositamente. Il riferimento è a tutta la metafisica di Plotino.

Concetta: piacere di conoscerti,ho scoperto ora il tuo blog e spero di frequentarlo il più possibile in futuro.
sgubonius ha detto…
Ma in Plotino non è poi così chiara la questione!

L'anima è pur sempre un'ipostasi notevolmente (2 gradi) inferiore all'Uno, e soprattutto non esiste un rapporto di "fondo" fra Uno e anima: come upokeimenon o upostasis (nell'etimo ciò che sta sotto) l'anima e l'uno sono su piani totalmente differenti. La triplice dialettica circolare lascerebbe intendere che sono due movimenti diversi quello di ritorno all'Uno e quello di ritorno a sè.

Bisogna capire un po' cosa intendiamo con la parola "fondo" beninteso, ma a me pare che l'Anima per l'Anima è sempre una riflessione e uno sdoppiamento, che quindi è lontano dall'Uno. Non c'è "vero io" o "cittadella interiore" nell'Uno, non ha senso parlare di io/interiorità (evidentemente in opposizione a qualche sorta di tu esteriore) nell'Uno.
Carmine Miccoli ha detto…
Carissimo Andrea,
confesso che, pochi giorni fa, ho scartabellato tutte le pagine del tuo sito per vedere la traccia dei tuoi pensieri e delle tue ricerche... e ieri ho visto, anche se di fretta, che la citazione di frère Charles sul mio diario è stata all'origine di questa tua ricca riflessione e del dibattito che ne è scaturito.

Permettimi di dire qualcosa, in dialogo con te e con le persone che mi hanno preceduto e che mi hanno invitato a riflettere ancora.
1. La sequela Christi non è una mera aderenza etica alla sua pratica di vita, ma è vera e propria conformazione a Dio per grazia. Non si può in qualche modo distinguere un momento orizzontale e uno verticale o profondo: entrambi, nell'etica e nella mistica cristiane, progrediscono insieme.
2. Cardo salutis caro: è l'incarnazione la chiave che distingue in maniera irreversibile la mistica cristiana da ogni altro approccio o visione filosofica o religiosa - il richiamo a "madonna Povertà" che affascinò Francesco e tanti anawim è proprio il segno di questa spoliazione, ad un tempo umana e divina.
3. Infine, non è corretto dire che Cristo non ha scelto la povertà e una forma di "vita solitaria", pur se non ha reso questa scelta escludente e assoluta (come accadeva, ad esempio, nella comunità di Qumran): l'esegesi storico-critica e l'analisi retorico-narrativa mostrano come in Gesù predicazione dell'abbandono dei beni e della condivisione della mensa in vista della venuta del Regno e maturazione progressiva e interiore della propria coscienza divina e divinizzante si richiamano a vicenda, in cammino verso e oltre la "notte oscura" della sua crocifissione; la sua stessa comunità, in forme diverse nei vari periodi della storia, pratica come forma di povertà radicale la comunione dei beni e subordina a questa scelta l'ingresso nell'assemblea dei credenti.

Ti ringrazio per lo stimolo che il tuo articolo presenta - una lettura interessante, come tutte quelle delle tue pagine, che spero di poter continuare, socraticamente, dialogando e camminando insieme.

Saluti di pace,

C.
Unknown ha detto…
Il dibattito è molto bello e mi ha arricchito.
Penso - se posso dire - che parte del disaccordo derivi dal fatto che leggere la mistica antidialettica, che è una mistica della grazia, con le categorie della mistica speculativa di carattere neoplatonico, pone problemi di "incommensurabilità" reciproca.
sgubonius ha detto…
Il problema è che della mistica speculativa può ancora, cautamente, valere la pena di discuterne, in una dialettica ovviamente particolare. Di una mistica anti-dialettica, invece, "si deve tacere" come direbbe Wittgenstein.
Per cui se è vero che resta una incompatibilità di fondo, è vero anche che in una sede di discussione l'unica praticabile è la speculativa.

PS: rettificando la questione del fondo, mi pare che sia meramente una incrinatura terminologica. L'anima "in sé" è un senza fondo,un "mare della dissomiglianza", e l'unico fondo possibile dell'anima è l'enosis con Dio, dove però, ennesima coincidentia oppositorum, il fondo è un senza-fondo. Permane il mio scetticismo sul tema della "interiorità".