La fontana della vergine
Ieri sera, di ritono da Milano, ho gustato un film di I.Bergman, La fontana della vergine, del 1960 e ispirato alla leggenda medievale Töre’s dotter i wänge. Non sono certo in grado di recensire il film dato che tecnicamente non saprei dire molto, ma vorrei condividere con voi alcuni spunti e idee che ho avuto modo di elaborare in serata. La trama del film è lineare e abbastanza semplice; riporto la sintesi di Wikipedia:
Tra l'enorme quantità di temi toccati, oggi mi sembra opportuno far notare quella strana giustapposizione tra mondo pagano e mondo cristiano. Non dobbiamo difatti farci ingannare dal finale miracoloso nè dalla fede di Töre o dalla conversione di Ingeri: il cristianesimo non è semplicemente vincitore perchè il mondo pagano sembra restare sempre e inveitabilmente sullo sfondo, affiancato da un cristianesimo perbenista, che trova espressione solo nella stretta cerchia del re; è necessaria allora una radicale conversione, un atto di fede che vada oltre il mondo e le Tradizioni. Questo è uno dei tratti che preferisco del cristianesimo nordico, dove la tradizione non è mai ideologicamente negata, ma sempre assunta e dialetticamente armonizzata. Ad una prima lettura, il paganesimo sembra rispondere concretamente alla grettezza del mondo ma la profondità nera della morte schiuderà per tutti un nuovo orizzonte.
Inutile sottolineare come Ingeri e Karin siano le immagini più chiare di quello scontro-incontro tra il paganesimo e il nuovo Cristianesimo: mentre la serva riesce a fuggire dalla capanna dello sciamano imbroglione - altro riferimento al mondo pagano -, la piccola Karin divide il pane con tre vagabondi e cialtroni - chiara suggestione cristica - con gente che si barcamena tra furti e menzogne, avendone la peggio: Karin viene violentata e uccisa, a immagine del Cristo sul Golgota. La conversione di Ingeri avviene non a caso nel dolore e nel pianto per la morte del Cristo-Karin, un dolore a cui il paganesimo dello sciamano non sa far fronte e una morte a cui Odino non sa render ragione. La sorgente viva che erompe dalla terra è allora simbolo della resurrezione e dalla salvezza, che abbraccia i nuovi convertiti. Il cristianesimo di Töre, sopito della quotidianità delle tradizioni, si sveglia alla vita e all'amore. Egli è molto più pagano di quanto creda e lo testimonia la reazione tanto violenta quanto umana contro i tre assassini. Per il Re la conversione è testimoniata dall'accettazione paradossale del dolore e della morte della figlia; per il Re costruire una Chiesa in quel luogo significa vivere la resurrezione del Cristo, rendendo una strage un luogo di vita. Il paganesimo di Ingeri è, dal suo canto, ora purificato. Nella scena finale, in cui Ingeri immerge le mani nell'acqua della sorgente e lava il viso, è racchiusa tutta la leggenda.
Nella Svezia medievale, il proprietario terriero Töre insiste perché la sua giovane figlia Karin consegni di persona dei ceri alla Madonna in un giorno di festa, come vuole la tradizione. La giovane è accompagnata da Ingeri, serva disonorata e pagana. Durante il viaggio, però, dei briganti violentano ed uccidono la giovane Karin, senza che Ingeri possa aiutarla. Nella fuga, gli assassini cercano riparo proprio dal padre di Karin, a loro insaputa. Una volta che Ingeri torna alla casa del padrone, riconosce i tre loschi figuri ed avverte Töre, il quale metterà in pratica la sua vendetta uccidendo i briganti. Più tardi, Ingeri accompagna la famiglia nel luogo in cui si trova il cadavere di Karin e mentre cercano di spostarlo per dare sepoltura alla sfortunata ragazza, dal punto in cui era poggiata la testa del corpo prende a sgorgare una sorgente d'acqua.Anzitutto mi piace sottolineare come non riesca mai a stupirmi abbastanza della cultura medievale, poichè mi sembra che vengano toccati un po' tutti i punti critici dell'esistenza umana, dalla fiducia al dolore, alla disperazione fino alla morte; e poi la preghiera, la gioia, la fede e la tradizione. E' interessante notare come l'atmosfera della casa di Töre sia tutta impregnata di conformismo religioso. La fede è vissuta con angoscia e la preoccupazione principale è quella etica: comportarsi come comanda la propria Tradizione affinchè Dio possa accogliere un'anima pulita e santa. Non a caso, verso la fine del film, la serva bigotta, appena conosciuto il bambino, si preoccupa anzitutto dei sui costumi e del suo rapporto con Dio: «Il Signore è pietoso più di quanto credi. Dì le tue preghiere per bene e fallo tutte le sere, non te ne dimenticare»; così come, all'inizio della storia, Töre insiste con la moglie affinchè Karin raggiunga il villaggio per accendere un cero alla Vergine Maria. Lo comanda la Tradizione. Karin, piuttosto, sembra l'unica che viva con gioia e serenità: è il topos della vergine, pura nel corpo e nei pensieri, candida a tal punto da apparire ingenua dinanzi ai pericoli del mondo esterno. La foresta non è difatti luogo per le vergini e lo sa bene la serva Ingeri, incinta per una violenza.
Tra l'enorme quantità di temi toccati, oggi mi sembra opportuno far notare quella strana giustapposizione tra mondo pagano e mondo cristiano. Non dobbiamo difatti farci ingannare dal finale miracoloso nè dalla fede di Töre o dalla conversione di Ingeri: il cristianesimo non è semplicemente vincitore perchè il mondo pagano sembra restare sempre e inveitabilmente sullo sfondo, affiancato da un cristianesimo perbenista, che trova espressione solo nella stretta cerchia del re; è necessaria allora una radicale conversione, un atto di fede che vada oltre il mondo e le Tradizioni. Questo è uno dei tratti che preferisco del cristianesimo nordico, dove la tradizione non è mai ideologicamente negata, ma sempre assunta e dialetticamente armonizzata. Ad una prima lettura, il paganesimo sembra rispondere concretamente alla grettezza del mondo ma la profondità nera della morte schiuderà per tutti un nuovo orizzonte.
Inutile sottolineare come Ingeri e Karin siano le immagini più chiare di quello scontro-incontro tra il paganesimo e il nuovo Cristianesimo: mentre la serva riesce a fuggire dalla capanna dello sciamano imbroglione - altro riferimento al mondo pagano -, la piccola Karin divide il pane con tre vagabondi e cialtroni - chiara suggestione cristica - con gente che si barcamena tra furti e menzogne, avendone la peggio: Karin viene violentata e uccisa, a immagine del Cristo sul Golgota. La conversione di Ingeri avviene non a caso nel dolore e nel pianto per la morte del Cristo-Karin, un dolore a cui il paganesimo dello sciamano non sa far fronte e una morte a cui Odino non sa render ragione. La sorgente viva che erompe dalla terra è allora simbolo della resurrezione e dalla salvezza, che abbraccia i nuovi convertiti. Il cristianesimo di Töre, sopito della quotidianità delle tradizioni, si sveglia alla vita e all'amore. Egli è molto più pagano di quanto creda e lo testimonia la reazione tanto violenta quanto umana contro i tre assassini. Per il Re la conversione è testimoniata dall'accettazione paradossale del dolore e della morte della figlia; per il Re costruire una Chiesa in quel luogo significa vivere la resurrezione del Cristo, rendendo una strage un luogo di vita. Il paganesimo di Ingeri è, dal suo canto, ora purificato. Nella scena finale, in cui Ingeri immerge le mani nell'acqua della sorgente e lava il viso, è racchiusa tutta la leggenda.
Commenti
Bergman (di cui ti consiglio ovviamente il Settimo Sigillo ma anche Come in uno specchio, che ha a che fare prepotentemente con la mistica, riconoscerai la citazione da Paolo), da figlio di pastore protestante (come Nietzsche), eredita molte delle tematiche kierkegaardiane di C.T. Dreyer (anche qui sarebbero da citare tutti i film, ma specialmente Ordet è un Timore e Tremore rivisto). Ultimo anello (degenerato?) della catena sarebbe Lars Von Trier, ma qui le cose si complicano tremendamente!
In tutti questi autori c'è l'idea sicuramente luterana (e forse indietro agostiniana?) del supervalore della fede, che non è rapportabile alle "opere" o a qualche morale, segno puro della grazia. Penso che proprio Grazia sia la parola che più descrive la semplice purezza della vergine del film, e forse anche quel superamento del paganesimo (il risentimento della strega).
PS: Guardati questo video di Emanuele Severino, pensatore con il quale non sono certo in sintonia, ma che qui legge benissimo il settimo sigillo.
http://www.youtube.com/watch?v=9kHCL16R47s
La posizione specifica di Bergman comunque è molto interessante, non so se è il caso di trattarla qui, ma accenno solo a quello che è forse il suo film più bello e sicuramente il più personale: Fanny e Alexander.
C'è dentro un (dio) padre che muore all'inizio, e un pastore freddo e moralista che gli si sostituisce. Butto là un dialogo fra i più significativi:
"Tutto ha una vita. Tutto è Dio o il pensiero di Dio: non solo il bene, ma anche le cose più cattive. Tu che ne pensi?"
e il bambino risponde:
"Se esiste un Dio, è un Dio di cacca e di piscia che vorrei prendere a calci in culo."
Insomma in Bergman c'è probabilmente anche qualcosa di più, un amore-odio verso Dio estremamente complesso, che in Dreyer, Kierkegaard o Lutero non c'è. Ancora oltre nel percorso come dicevo ci sarebbe Von Trier, che è totalmente impregnato della filosofia di Nietzsche.
Però molto raramente la "ragione" ha un ruolo in tutto questo, se non è una pars destruens... (e qui rinnovo alcuni scetticismi che ho su S.Agostino).
Saluti di pace!
Un abbraccio di pace...
C.